martedì 10 luglio 2012

JJ

Ci sono tanti fantasmi su quest'isola. Molti semplicemente non li noto più, tanto sono chiusi nel loro incubo. Con altro ci ho fatto amicizia, al punto che ci salutiamo quando li incrocio, e qualcuno sono persino riuscito a farlo passare oltre, curiosamente.
Ma uno mi ha sempre lasciato perplesso. Un bambino biondo, con un corto cappotto azzurro, le scarpine di pelle bordeaux, che si aggirava tra Nantucket e Martha's Vineyard, Falmouth e New Bedford.... Mi capitava di vederlo, tutte le volte che pioveva, o che il cielo virava a tempestoso. La cosa terribile è che chiamava disperatamente il padre, con lunghe grida strazianti. Non sono mai riuscito a parlarci, spariva ogni volta che provavo ad avvicinarmi.
Ci ho messo un bel po' a riconoscerlo... e l'ho fatto quando l'ho visto portarsi la destra alla fronte, apparentemente per ripararsi dal sole. Ma è rimasto così impettito per un po', ed alla fine un'immagine identica è riemersa dalle nebbie della mia memoria. Non ho mai fatto caso alla storia ed alle vicende babbane, ma ovviamente la morte di JFK ha avuto ampio risalto anche tra i maghi, senza contare che ero di passaggio negli Usa a quel tempo, a reclutare mangiamorte. E quel bambino ha letteralmente commosso tutta una nazione: John John, lo chiamavano. Durante i funerali ufficiali del padre fece un passo avanti, lasciando la madre piangente alle sue spalle, e salutò il padre, minuscolo, impettito, silenzioso. Troppo piccolo per avere l'esatta percezione dell'avvenimento, istruito forse a non piangere, ma più probabilmente incapace di comprendere che cosa aveva perso, chi stava effettivamente salutando. John Kennedy Jr è sparito al largo di Martha's Vineyard, il 16 luglio 1999, con il piccolo aereo da turismo su cui stava viaggiando, in compagnia della moglie e della cognata. I resti dell'aereo non sono mai stati trovati, e l'America ha perso un altro Kennedy.
Ma è stato quando l'ho riconosciuto che sono riuscito anche a parlargli. L'ho chiamato, e mi ha guardato finalmente. Mi ha chiesto se avevo visto suo padre, e mentre gli rispondevo il suo aspetto è cambiato, diventando quella di un uomo adulto, identico al 39enne che era quando è morto. Era fradicio d'acqua e ferito alla testa, inizialmente, poi il suo aspetto è diventato “normale”. Era vestito di nero, con una giacca leggera, una polo ed un paio di jeans. E mi ha chiesto di nuovo di suo padre, perché era convinto che fosse lì ad aspettarlo. Diceva che sua moglie e sua cognata erano entrate nella luce, ma lui non poteva, perché non c'era suo padre, ad aspettarlo. E lui doveva assolutamente trovarlo. Gli dissi che non sapevo come aiutarlo, ma ero il solo che era riuscito a contattare, e cominciò a perseguitarmi. Appariva al faro, o in negozio, a tutte le ore, molestando i clienti magici, arrabbiandosi, parlando in continuazione. Bisogna dargliene atto, aveva ereditato le grandi capacità dialettiche del padre. Sarebbe stato un trascinatore di folle, se avesse potuto farlo.
Alla fine cedetti. Volevo riguadagnare la mia tranquillità, è vero, ma ero anche curioso di capire come andava a finire questa storia. Se davvero JFK era ancora in giro per l'America, sotto forma di fantasma. John John diceva che voleva trovarlo, portarlo con se nella luce. Non sarebbe mai passato senza di lui, ma non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
Con Richard, quando gli raccontai la storia, provammo a fare la cosa più semplice... un'evocazione, ma non si fece vedere nessuno di interessante. Conoscemmo un sacco di vecchi marinai sperduti, ma non l'ex presidente. Lasciai allora il negozio nelle mani del mio socio e il faro in quelle di Cletus e mi decisi a fare un giro nei due posti più ovvi, la Casa Bianca e Dallas. A Washington incontrai a dire il vero Abramo Lincoln, sorvegliare con sguardo sereno la città, sorridente, maestoso. Ci intrattenemmo a chiacchierare, e ne ammirai le incredibili doti di narratore e conversatore che lo avevano reso tanto amato e popolare in vita, ma non seppe dirmi nulla del suo successore.
A Dallas ebbi la strana fortuna di capitarci a novembre, cercando di contattare il presidente e attendendo la data fatidica in Delaney Plaza ebbi modo di rivedere una sorta di registrazione spiritica dell'accaduto. Cosa che mi permise chiaramente di comprendere da chi e da dove erano arrivati i colpi che avevano ucciso Kennedy e ferito il governatore Connally. Sì. So la verità. Ma no, non ho intenzione di dirvi se è stato davvero Lee Harvey Oswald o meno.
Ma del presidente nessuna traccia. Feci ricerche con un paio di accurati rivelatori ectoplasmatici, arrivati freschi freschi dal quartiere magico di Washington, ma nulla. Non era nemmeno là.
Mi diressi allora alla casa paterna di Kennedy, visto che era in Massachussetts, ma nemmeno là trovai sue tracce. Allora andai al cimitero, pur sapendo che praticamente mai gli spiriti frequentano i cimiteri, preferendo i luoghi in cui avevano vissuto. E fu sulla tomba, guardando la lapide che mi venne l'idea.
Tornai al faro... Dalla costa est, dall'altra parte del faro, si vede Martha's Vineyard, dove la famiglia Kennedy passava tutte le estati. A Hyannis Port, sulla costa, aveva una casa Ted Kennedy. Ed un'altra casa l'avevano a Cape Cod. Tutto nei dintorni. Non poteva essere altrove, era da quelle parti.
Chiamai il fantasma di John John, che mi aveva accompagnato nella lunga ricerca. Ed insieme andammo in una piccola spiaggia, poco lontano dalla casa dei Kennedy, dove lui ed il padre ogni tanto andavano a nuotare. Là, su una roccia, finalmente vidi una vaga ombra chiara. Sedeva eretto, sbiadito al punto da essere quasi invisibile persino a me. Fissava il mare, immobile. Era vestito come il giorno della sua morte, la testa squarciata dall'orribile ferita che lo aveva ucciso. Non mi vedeva, non mi sentiva, e non sentiva il figlio, tornato bambino, che lo chiamava.
Le provai tutte, e detto da me non è poco. Ma il fantasma sembrava poco più di una foto ectoplasmatica, Alla fine compresi. Non era lui, non era lì. C'era solo un ricordo, mantenuto da un altro spirito, che scelse allora per manifestarsi. Alto, anziano, con gli occhiali ed un vago sorriso in volto. Si manifestò lentamente, prima solo come una nebbia, poi divenne sempre più materiale. Mi salutò con un cenno, e finalmente rivolse lo sguardo verso il nipote, che lo fissava immobile, troppo sconvolto per poter parlare.
“Nonno... “ mormorò infine il rampollo perduto della famiglia.
“Ti ho atteso tanto a lungo, ragazzo mio... avrei voluto che ci fosse anche tuo padre, ma lui è già andato oltre. È venuta tua madre a prenderlo. Ma qualcuno doveva tornare indietro per te.”

Non ebbi bisogno di far altro. Joseph P. Kennedy indicò qualcosa, oltre la roccia dove l'immagine del presidente era sparito, e lentamente svanirono anche loro.

Per un curioso caso, circa tre settimane dopo, tra le cose acquistate ad un'asta per antiquari e rigattieri a Newport, tra tutto il ciarpame babbano che comprai per riuscire a mettere le mani su un baule magico antico, trovai anche una cosa appartenuta ai Kennedy. Un paio di bottiglie del whiskey che aveva reso ricca la famiglia all'epoca del proibizionismo. Aveva un paio di segni di riconoscimento poco noti sull'etichetta, ma che avevo visto addosso al vecchio Joe, sotto forma di anello, quando era venuto a prendere il nipote. Sono sicuro: è il suo modo di ringraziare per aver portato a casa il nipote...

Nessun commento:

Posta un commento