sabato 20 novembre 2010

Racconto di Natale 

La scacchiera stregata.

Aveva nevicato copiosamente a Nantucket, quell'anno, e l'isola era ricoperta da un morbido manto candido. Il mare era annerito dal freddo e dal vento, e nubi simili ad ovatta minacciavano costantemente nuove scariche di fiocchi sull'isola. Il faro svettava in tutto quel biancore, le strisce rosse disegnate sui fianchi di fresco a indicare la sua posizione anche a grande distanza, la luce, accesa fin dal primo oscurarsi del cielo.
Il mago aveva deciso di radunare per Natale un gruppo di amici a casa propria, e per garantirne l'arrivo, aveva inviato ad ognuno un piccolo dono, programmato come passa porta per condurre al faro il ricevente al momento opportuno. Dopo aver lustrato a lucido il faro e se stesso, e pronto in salotto ad accogliere gli ospiti, Tom Riddle cominciò a distribuire tonici a coloro che giungevano, sopratutto coloro che non erano abituati alla smaterializzazione.
“Cole! Fratello mio! Fortunatamente per te viaggiare in questo modo non è mai un problema... Prue, carissima, sempre splendida... vedo che anche tu ormai viaggi senza danni al modo di maghi e demoni” Sorrise ai primi arrivati.
“Tom, mio caro! Non è certo una banale smaterializzazione che può dar problemi ad un demone del mio rango....” sorrise l'altro, servendosi un brandy, mentre la bella moglie strega si guardava attorno.
“Tom la tua casa è splendida” Disse “Le decorazioni sono favolose! Non avevo mai visto tante candele galleggianti!”
“Dovevi vedere ad Hogwarts, mia cara... quelle si che erano decorazioni natalizie!”
Sorrise il mago, mentre un pop annunciava l'arrivo di altri ospiti. La casa, ampliata magicamente per l'occasione, si riempì rapidamente di gente sorridente, puntualmente fornita dal piccolo elfo di cocktail ed aperitivi, finché con un battito delle piccole mani non li invitò tutti alla cena.
Il sontuoso pasto venne rapidamente divorato dai commensali, che passarono la serata a raccontarsi le ultime novità, visto che vi erano tra loro amici che non si rivedevano da tempo ed altri che addirittura non si erano mai incontrati. Novizio di quegli incontri era Martin Mystere, il celebre studioso e giornalista, esperto divulgatore di misteri sulla linea di confine tra lo scientifico ed il para scientifico, che tenne banco raccontando storie interessantissime sulle proprie ricerche, salvo poi perdersi in una infinita disquisizione sui mondi inferi con un paio dei demoni ospiti del mago.

Al termine della lauta cena, la compagnia si spostò nell'ampio salotto, dove un paio di divani circolari erano sistemati attorno ad un grande caminetto la cui fiamma era alimentata da un paio di salamandre addomesticate. Cletus distribuì tisane digestive e liquori, accompagnati a biscottini, e si mise poi seduto sullo schienale del mago, a gustare la sua parte di tisana e le storie che sapeva presto sarebbero state raccontate... la parte più succosa di quel genere di serate, a suo avviso. Il primo a cominciare fu proprio l'anfitrione, dopo aver dato una fuggevole occhiata verso la propria scrivania, su cui troneggiava una bellissima scacchiera preziosa, i cui pezzi erano fatti ad immagine e somiglianza di un esercito antico. Vi si era avvicinato un paio di volte, durante la serata, e molti gli avevano fatto i complimenti per i pezzi, splendidamente scolpiti nel marmo bianco e nero, a rappresentare antichi soldati dell'età del bronzo. Il mago aveva spiegato che la scacchiera era ispirata alla guerra di Troia, ed i pezzi rappresentavano i personaggi dell'epica omerica. Dal lato acheo il re era ovviamente Agamennone, e la regina al suo fianco, anche se mai era stata presente sul campo di battaglia, era la regina Clitemnestra, mentre gli altri pezzi erano ovviamente i vari Nestore, Achille, Odisseo, Patroclo, gli Aiaci, di cui il Telamonio era rappresentato da una delle torri, in onore al suo poderoso scudo, e dall'altra parte, ovviamente era schierato l'esercito troiano, attorno a Priamo re ed Ecuba regina, affiancati da Paride, Ettore, Eleno, Deifobo, Dolone ed Elena.
“Sapete...” Cominciò, “Quella scacchiera è uno dei pezzi più belli mai giunti al negozio... e malgrado questo non siamo mai riusciti a venderla. O meglio, è stata venduta più volte, ma è sempre tornata indietro, al punto che io e Richard” Il mago alzò il bicchiere verso il socio, che stava osservando i pezzi con attenzione, e si girò a mala pena per replicare il gesto. “Abbiamo infine deciso di tenercela.”
Il socio del guardiano del faro si arricciò i baffi, dopo aver spostato un pezzo, e cominciò a raccontare.
“E' arrivata al negozio credo un anno fa, la portò una donna molto anziana, dall'aspetto dimesso, una vedova non troppo in buone acque. Disse che era appartenuta al marito, e che ora voleva disfarsene perché vedersela in casa le procurava troppo dolore, visto che le ricordava il defunto, che ci aveva passato intere giornate a giocare, spesso addirittura contro se stesso, a suo dire.
La misi in vendita e devo dire che trovò un acquirente nel giro di pochi giorni. Del resto è un oggetto di tale pregio che gli intenditori del settore non possono che apprezzarla, i pezzi sono totalmente lavorati a mano, senza la minima imperfezione, il marmo è pregiato ed arriva dall'Italia, dalle cave di Carrara, i pezzi sono squisitamente rifiniti. Insomma, quando me la vendette, ritenni di aver fatto un vero affare. Che così non fosse, non ci misi molto a rendermene conto.
Me la riportò al negozio il primo acquirente, dopo circa una settimana. Disse che i pezzi erano stati maledetti, che passavano intere notti a combattere gridando in greco antico, che si spostavano da soli, che addirittura si nascondevano per casa, impedendogli di giocare. La ripresi, rimborsandolo, e me la portai a casa, per verificare se non vi fossero incantesimi o maledizioni che mi erano sfuggite ad un esame preliminare, ma non trovai nulla. Giocai anche un paio di partite, con un amico, all'epoca ancora il caro Tom era solo un cliente e non il mio socio, e non sapevo ancora che fosse un ottimo giocatore, ma non riscontrai alcuna stranezza, in questa scacchiera. Certo, trattandosi di scacchi magici, per voi babbani possono parer strani, visto che si muovono e si affrontano da soli, durante la partita, semplicemente ricevendo dai giocatori l'indicazione della mossa, ma per noi sono assolutamente normali, e malgrado questi siano particolarmente belli, non mi parve allora che avessero nulla di strano. Così, dopo qualche giorno, li rimisi in vendita.
Fu nuovamente semplice, rivenderli... il nuovo acquirente era un mago celebrato per essere anche un grande giocatore di scacchi, vincitore di parecchi tornei, che si innamorò subito della scacchiera. Disse che voleva usarla per allenarsi, insegnano alla scacchiera a giocare da sola contro di lui e per le sue partite più importanti.
La riportò dopo solo tre giorni, dicendo che la scacchiera lo aveva battuto ad ogni partita, e che i pezzi si erano schierati contro di lui, sbeffeggiandolo.”
Il panciuto antiquario si interruppe per bere un sorso del brandy che teneva in mano, poi si arricciò i baffoni e riprese a raccontare, con voce sicura.
“Rimborsai a malincuore anche lui, pensando che probabilmente non era poi bravo quanto diceva di essere, o che probabilmente avesse insegnato agli scacchi a giocare troppo bene persino per lui e rimisi in vendita la scacchiera per la terza volta... e stavolta venne acquistata quando Tom era diventato mio socio. La scacchiera era rimasta invenduta per parecchio tempo, evidentemente si era sparsa la voce che fosse troppo magica, così ogni tanto la usavamo noi per giocare a scacchi e devo dire che il mio amico è uno dei giocatori migliori che conosco.. ben pochi sono stati capaci di stracciarmi in poche mosse per tre volte di fila, ma TU, amico mio, ci sei riuscito!” rise il mago, alzando il bicchiere verso il socio.
“In ogni caso, riuscimmo finalmente a rivendere la scacchiera, questa volta ad una signora molto avvenente, che disse che l'avrebbe regalata ad uno dei suoi numerosi amanti, grande scacchista.
Quando la riportò, ci narrò la storia più stana di tutte, disse che gli scacchi si erano trasformati in veri guerrieri e si erano combattuti nel suo salotto, distruggendolo e devastandole la casa, facendo fuggire nella notte il suo amante, terrorizzato.
Non potevo credere alle mie orecchie. Dovetti rimborsare nuovamente la donna, e stavolta decisi che avrei dato ai pezzi una sonora strigliata. Li disposi in fila davanti al banco, sgridandoli e smagizzandoli tutti, visto che insistevano a comportarsi da maleducati, e decisi di metterla in vendita come scacchiera normale, senza l'incantesimo solitamente usato per renderla magica.
Fu allora che compresi che non si trattava di un incantesimo avariato, ad aver creato i problemi che lamentavano i clienti...
Rivendemmo nuovamente l'oggetto, ad un maestro di scacchi di Boston, il quale disse che era ben felice non fosse magico, perché lo avrebbe usato per insegnare ai suoi allievi come giocare senza i suggerimenti dei pezzi, abitudine che molte scacchiere di esperienza hanno, di aiutare il giocatore a migliorare il gioco...
ed invariabilmente vedemmo ritornare il maestro e la scacchiera nel giro di pochi giorni. Oltre alla battaglia campale che ci aveva raccontato anche la precedente cliente, costui affermava che i pezzi si erano persino permessi di tentare di espugnare la casa accanto, gridando in greco antico.
Tom ed io riprendemmo l'oggetto, decidemmo di non metterlo più in vendita, ed il mio amico mi disse che lo avrebbe portato al faro per cercare di capire che problema avesse... ma qui devi continuare tu, amico mio, sei tu testimone diretto dell'evento.” Concluse l'anziano mago, indicando con un cenno della testa l'amico. Il guardiano del faro si schiarì la voce, prima di continuare il racconto.
“Portai qui la scacchiera, e la misi a posto esattamente dove la vedete... oziosamente spostai un pedone, una mossa d'inizio semplice ed innocua, ma senza la volontà effettiva di giocare... senza contare che avendo tolto la magia dai pezzi, sicuramente non avrebbero potuto rispondermi... perciò potete immaginare la mia sorpresa quando un'ora dopo, passando accanto alla scacchiera trovai un pezzo spostato. Ora, Cletus non sa giocare a scacchi, non ha mai voluto imparare, malgrado i miei tentativi di insegnarglielo, e nemmeno Ken, il piccolo fantasma che vive con noi... l'altro fantasma, il Capitano, sa giocare, ma di solito preferisce il backgammon, e quando ha voglia di una partita di scacchi solitamente me lo dice, senza farmi giochetti del genere, perciò vi era effettivamente qualcosa di strano, in quella mossa. Non potevo escludere che fosse stato Spaccaossa a spostare involontariamente il pezzo, camminando sulla scacchiera, ma come ogni gatto in realtà è in grado di camminare con leggiadria tra piccoli oggetti, senza spostarli se non per un motivo preciso, che di solito è reclamare cibo ed attenzione... per cui incuriosito, spostai un altro pezzo, un'altra mossa. Me ne andai, fingendomi occupato in altre faccende, ma tenendo d'occhio la scacchiera, e vidi un pezzo muoversi in risposta. Facendo finta di nulla, come se trovassi normalissima la cosa, risposi, e per farla breve, giocai una partita con un avversario che si dimostrò estremamente abile. Ai miei tempi...” il mago si interruppe, sorridendo. Solo pochissimi, in quel salotto, conoscevano la sua vera identità, ed il suo socio non era tra quelli. Si trattenne perciò dal puntualizzare di aver preso quattro premi di scacchi a Hogwarts, perché sarebbe stato come dichiarare ai quattro venti la propria identità, e si tenne sul vago. “Ai miei tempi, ero bravino a scacchi e viaggiando ho imparato sempre di più, al punto che come il mio caro amico Richard sa bene e non perde occasione di rinfacciarmi, sono diventato quasi imbattibile. Ma questo giocatore misterioso era decisamente più abile di me. Persi la partita, e decisi di non far caso di aver giocato praticamente con una scacchiera che non poteva muovere da sola i pezzi. Finsi di andare a dormire e mi posi in attesa di eventi, cercando di capire se quello che ci veniva regolarmente raccontato dai clienti su quella scacchiera era vero. Ma non sentii nulla. Giocai per diverse sere con la scacchiera, ma senza aver mai problemi di rumori o assalti guerreschi nella notte. Decisi di tentare un esperimento. Cominciai una partita, muovendo come al solito il nero, e misi sotto la sedia del giocatore bianco un talismano che serviva a rivelare qualsiasi traccia di magia. Dopo un'oretta, la mia trappola scattò. Sentii uno strepitio, ed un clangore metallico, come se qualcuno stesse sbattendo una lama contro delle sbarre. Corsi a vedere e mi trovai davanti al motivo ed alla causa di tutto. Un fantasma, intrappolato nella barriera creata dal talismano. Ed un fantasma di una certa celebrità...”
Il mago sorrise, bevendo un sorso della birra scura che teneva in mano, facendo girare lo sguardo sugli amici che lo guardavano con occhi spalancati, ansiosi di sentire il seguito.
“Avete presente di quali personaggi è composta la scacchiera? Ve l'ho detto all'inizio... sono i guerrieri dell'epica omerica. Ne conoscevamo uno, un tempo, lo ricordate?” Chiese il mago sorridendo. “Almeno, alcuni di noi lo conoscevano.....” sorrise, poi guardò verso la scacchiera.

“Dai, socio, fatti vedere un'ultima volta, coraggio.” disse.
Una voce profonda sbuffò, ed un gigante, semi trasparente, attrezzato di tutto punto di un'armatura di bronzo, le braccia conserte sul petto muscoloso ed immenso apparve, con un sogghigno sul viso. Passò gli occhi sul gruppetto di persone, gelate a guardarlo.
“Quante facce nuove...” disse Aiace di Telamone. “Allora è vero, il fantamondo non è morto affatto.” Annuì, un mezzo sorriso sul volto. “Ma alcuni li conosco, e bene. Salve, amici. Ben ritrovati.”
Molti restarono a guardarlo stupiti, senza capire, qualcuno rise, altri lo salutarono con grandi esclamazioni e la Diva si mise teatralmente a piangere, cercando di correre ad abbracciarlo, per cadere ai piedi del tavolino, dopo aver attraversato il fantasma del guerriero.
Il mago ed il guerriero risero, scambiandosi un occhiolino, e Tom tornò a raccontare.
“Questa scacchiera arrivava da Salamina, ma non lo sapevo... era stata stregata per simulare la guerra di Troia, in effetti, ma quello che non immaginavo è che fosse appartenuta al mio caro amico... e che dalla sua dipartita fosse rimasto legato a quest'oggetto.”
Il guerriero sospirò, ridacchiando.
“Che stranezza, vero? Con tutti i luoghi ed i fantaluoghi che ho frequentato in vita mia, il caso ha voluto che fosse questa scacchiera a custodire una parte del mio spirito... quando è stata venduta all'Arcana Cabana ho visto Tom ed ho cercato di farmi sentire, ma a quanto pare non sono particolarmente bravo come fantasma... mi parte la memoria, ogni tanto e mi ritrovo a rivivere solo i pezzi della mia vita che ricordo meglio, le battaglie a cui ho preso parte, la follia...” Disse Aiace con voce profonda. “Tutte le volte che mi trovavo in altri luoghi che non fossero il negozio, con persone che non riconoscevo, davo di matto e facevo casino, e mi riportavano indietro. Per cui datevi pace, voi due...” Rise, guardando i due maghi. “Non azzardatevi a vendermi di nuovo!”
Richard e Tom alzarono le mani ridendo.
“Mai socio! Non oserei!” disse il guardiano del faro.
Il fantasma del guerriero annuì, sorridendo, poi alzò le mani in segno di saluto, pronunciando le ultime parole con voce nostalgica.
“State bene.... e ricordate, è solo un gioco, cazzo!”
E quindi scomparve, dissolvendosi lentamente.
Sul gruppetto radunato tornò il silenzio, rotto solo dai singhiozzi della Diva che strepitava per terra, chiamando il nome del fratello. La donna si avventò sull'ex marito, prendendolo per il collo.
“MIA! La scacchiera deve essere mia, a qualunque costo! La devo avere! È MIO FRATELLO!”
Il mago la bloccò e la trasformò nella solita teiera fiorata, che posò sul tavolino, poi, mentre la riempiva di gin le spiegò: ”Calmati, Diva... Lo hai sentito? Non vuole esser venduto... e poi non è di nessuno, quando vorrà venir da te lo farà, e comunque una partita a scacchi con lui puoi sempre venire a farla anche qua. Ma ora calmati, ok?”
La fece tornare umana, ed il gin che le aveva fatto bere sortì gli effetti desiderati, al punto che la donna, ubriaca malgrado la sua abituale resistenza all'alcool, si addormentò sul tavolino per un paio di ore, mentre altri ospiti raccontavano le loro storie, dopo aver digerito la sorpresa dell'apparizione.


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