venerdì 21 ottobre 2011

Jack O'Lantern

Jack O'Lantern

A volte i clienti del negozio lo facevano diventare matto... pretendevano avesse in negozio cose di cui avevano solo sentito parlare e di cui avevano una vaga descrizione, e si offendevano mortalmente se non era così sagace ed inventivo da capire da solo quello di cui stavano parlando. Era un'ora che cercava di farsi spiegare da quell'anziana fattucchiera che cosa stesse cercando, e quello che era cominciato come una sorta di indovinello era diventato una specie di caccia al tesoro e stava per concludersi con un omicidio colposo preterintenzionale. Tom cercava di mantenere la calma, di fronte alla vecchietta che insisteva che dovevano avere quel coso rotondo che serviva per fare le cose che faceva lei, senza fornire descrizioni più specifiche e comprensibili degli strani gesti che compiva per aria, ruotando qualcosa che pareva una manovella ed avvitando forse qualcos'altro. Ma non si riusciva a farle spiegar meglio che cosa volesse, straparlava che ne aveva uno da ragazza, che le era utilissimo in casa, sopratutto con i cosi che infestavano il giardino, che sua mamma lo usava sempre, ma che da quando si era rotto il suo non era più riuscita a trovarlo, ma che loro che erano antiquari dovevano per forza averlo!
«Quel coso, suvvia, possibile che non sappiate di cosa parlo?» insisteva la vecchietta, rivolgendosi sopratutto a Richard. I due maghi si guardarono smarriti: avevano cercato di indovinare in tutti i modi, ed ora stavano cercando di convincere la vecchietta a fare almeno un disegno di quello che aveva in mente, ma non c'era verso, la donnina si ostinava a dire che dovevano sapere di cosa si trattasse. Tom cominciava veramente a perdere la pazienza, là dove invece il suo socio pareva conservarla ancora. Quando Richard infine si allontanò per servire un altro cliente, lui guardò duramente la strega negli occhi e con durezza le disse: «Signora! Mi pare evidente che non possiamo sapere cosa lei abbia in mente, per cui o si decide a trovare un nome a quello che sta cercando, o la invito a tornare a casa e farsi venire un'idea molto più chiara di quello che ha in mente, ma qui non abbiamo più tempo da perdere dietro ai suoi farneticamenti!»
La donna lo guardò prima sbalordita, poi indispettita.
«Giovanotto...» cominciò con voce glaciale. «Prima o poi avrà anche lei la mia età! Ma prima di allora, che possa incontrare Jack Lantern, così imparerà a trattare le signore anziane!» Concluse, agitando un dito, poi si cacciò una mano rugosa in tasca, ne trasse un pizzico di polvere e la buttò addosso al mago, che starnutì. Poi si erse in tutta la sua scarsa altezza e si girò sui tacchi, uscendo dal negozio a grandi passi.
Il mago sbuffò, infastidito, spolverandosi quello che pareva semplice talco dalla manica e dai capelli. Aveva spesso sentito la maledizione dello spirito di Halloween, ed era sempre stata considerata niente più che una blatera da vecchi, poiché non si conoscevano casi accertati in cui avesse funzionato. Stando alla leggenda, chi la riceveva avrebbe dovuto ricevere la visita dello spirito, che gli avrebbe fatto incontrare i fantasmi di tutti coloro che tra i propri amici erano morti, che avrebbero dovuto mostrargli la verità su chi era e che stava facendo... ma quando mai, si disse il mago. Era una maledizione da burletta, buona solo per spaventare i bambini.
Non ci pensò più, per tutta la settimana che precedeva Halloween ebbero fin troppo da fare, per ricordarsi di quella vecchietta.
La notte di Halloween finalmente i due maghi si concessero una cenetta insieme, nel ristorante del quartiere magico, e poi assistettero allo spettacolo celebrativo, al rito magico di commemorazione dei morti e bevvero anche il bicchiere della staffa, proprio alla salute del vecchio Jack, e fu allora che Tom rammentò la maledizione. Ne sorrise, mentre tornava al faro. Fece il solito giro, riflettendo sulla leggenda, senza prenderla troppo sul serio, secondo cui lo spirito portava l'anima dei morti avanti ed indietro tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti. Non era così religioso da credere a quelle leggende, ed aveva sempre considerato la mitologia come un semplice modo di approcciare il mondo e le dinamiche della magia in epoche in cui questa non era stata sufficientemente esplorata.
Al momento di andare a letto, aveva infine dimenticato tutto.

Durante la notte, nella stanza da letto del mago si materializzò uno spirito alto, magrissimo... aveva una strana luminescenza attorno alla testa, che traspariva dal cappuccio con cui l'aveva coperta. Il mago dormiva profondamente, mentre questo spirito altissimo si aggirava nella stanza, osservando gli oggetti sparsi in giro. Tornò al letto, a guardare l'uomo addormentato, fissandolo da vicino. La strana luminescenza illuminava il volto del mago di una luce arancione, calda... ed una lunga mano bianca passava a poca altezza dal mago, come se lo stesse accarezzando senza mai toccarlo. Lo spirito annuì, e con un lungo dito lunghissimo allontanò il cappuccio, svelando quella che pareva una zucca scavata ed intagliata per sembrare un teschio. E lo sembrava realmente: non era solo la classica zucca, ma era stata scavata e intagliata, fino a sembrare una testa corrosa dalla putredine, un volto deformato dalla morte in un ghigno beffardo. Al suo interno vi era una luce, che traspariva dalla bocca, dal naso, dagli occhi, e pareva dipingere un'espressione maligna su quello strano volto. Una voce ultraterrena, raschiante e roca uscì dal buco ove era la bocca, pronunciando il nome del mago.
TOM.
Il tono era basso, ma chiaro come se non avesse bisogno di esser pronunciato. Anzi, quando il mago si svegliò e si trovò a fissare il volto ultraterreno che lo fissava, pensò di averlo sentito solo in testa. Ed il secondo pensiero che ebbe fu che Jack non era affatto divertente come quello che facevano i ragazzini con le zucche.
BEN SVEGLIATO. MI HANNO MANDATO A FARTI UNA VISITA.
Questa volta Tom ne era certo. Non lo aveva sentito. Era la telepatia più chiara che avesse mai sperimentato in vita sua. Si allontanò dal volto sovrannaturale, arretrando sul letto, artigliando le coperte, in un irrazionale moto fanciullesco di protezione, come se le coperte potessero in qualche modo proteggerlo da quello che doveva evidentemente esser un incubo.
NON SONO UN INCUBO, SPIACENTE.
La risposta lo lasciò a bocca aperta. Non aveva mai temuto nulla, in vita sua, ma scoprì di aver paura. Onestamente, con tutto il cuore. Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi come fosse possibile, che ottenne la risposta.
MI HA MANDATO QUELLA DONNA. UNA VECCHIETTA, UNA DELLE MIE POCHE SEGUACI SOPRAVVISSUTE. STAVA CERCANDO UNA LAVATRICE, MA LEI RICORDA ANCORA QUELLE DEI SUOI TEMPI.. SAI, QUANDO AVEVA VENT'ANNI, NEL 1812, ERANO FATTE IN MANIERA DIVERSA. PECCATO NON GLIEL'ABBIATE TROVATA.
Voleva chiedere chi era, ma non fu necessario spiccicar parola nemmeno questa volta.
MI CHIAMANO IN TANTI NOMI... BARON SAMEDI', JACK LANTERN, MORTE, ADE... MA CHE IMPORTA? SONO QUA PER FARTI VEDERE UNA COSA. VIENI.
Il mago avrebbe voluto resistere, prendere la bacchetta, mandare via quel.. quell'incubo, ma scese ubbidiente dal letto, senza potersi opporre. In compenso riuscì a recuperare il fiato.
“Dove vuoi portarmi?” chiese.
DEVI VEDERE UNA COSA, TOM. O TI DEVO CHIAMARE VOLDEMORT?
“T-Tom, va bene Tom...” era atterrito. Sì, era terrorizzato. Lo spirito era in piedi davanti al letto, coperto da un mantello drappeggiato su spalle che parevano innaturalmente scarne, e quando il mago si alzò era di tutta la testa più basso dello spirito, malgrado non fosse affatto di piccola statura. Tremava di freddo e di paura.
“Sto per morire?”
NO. MA STAI PER INCONTRARE UN PO' DI PERSONE CHE HANNO GIA' FATTO IL SALTO, TOM. E MOLTI ME LI HAI MANDATI TU DI PERSONA. TE LI RICORDERAI, SCOMMETTO...
Lo spirito alzò una mano scarna ed una nebbia parve infiltrarsi nella stanza da sotto le finestre e dalla porta. Tutto scomparve, attorno a loro, e si trovarono su una specie di altura, nella notte, circondati solo di nebbia. Questa pareva agitarsi, muoversi, strane forme sembravano consolidarsi nelle spire di fumo denso, come se cercassero di trovare una forma stabile, ma si dissipavano dopo pochissimo. Volti spettrali, deformi, mani adunche, parti di corpi devastati e divorati. Lo spirito convocò una spira di nebbia, che pian piano, passando attraverso una trasformazione successiva, parve prendere finalmente una forma stabile, pur se trasparente. Il mago rabbrividì e perse il fiato. Stava fissando se stesso, identico. Lo stesso volto, gli stessi lineamenti. Il viso spettrale parve colorarsi, e solo allora apparve la differenza. Gli occhi, che il mago aveva blu, erano castani.
“P-padre...” mormorò il mago. “Tu sei mio... padre.”
Il fantasma annuì, senza ancora profferir parola.
“Io ti... ti...”
“Mi hai ucciso, sì. Sono stato il primo, ricordi?” Una specie di sorriso si dipinse sul volto ectoplasmatico. “Scommetto che gli altri non ti sono piaciuti altrettanto, vero?”
Tom ansimava, incapace di rispondere. Era vero. Uccidendo gli altri non aveva mai più riprovato l'ondata di emozione che gli aveva scatenato uccidere suo padre. Era stato esaltante, spaventoso e bellissimo. Una sensazione di potere, paura, rabbia, liberazione... qualcosa che non aveva mai più ritrovato negli omicidi successivi. Erano stati emozionanti, ma nessuno come il primo.
Lo spirito lo fissò a lungo, sembrava quasi studiarlo.
“Hai gli occhi di tua madre... non era cattiva, sai? Non l'ho mai amata, e ne ho avuto orrore quando ho scoperto cosa mi aveva fatto. Ma non era cattiva. Era solo infelice. Avrei dovuto venirti a cercare, quando sei nato... ma sarebbe stato uno scandalo troppo grande. Mi spiace...” disse, prima di cominciare a dissolversi. Le ultime parole parvero solo sussurrate, ma si incisero nella mente del mago, indelebilmente.
AVANTI, VENITE... TOCCA A VOI, ORA...
Dalla nebbia emersero altri volti, altre persone. Pian piano, in fila, Tom rivide tutti coloro che aveva ucciso, arrivando ai genitori di Harry Potter ed a quel ragazzo, Cedric Diggory. Lo guardarono, con commiserazione, senza dire nulla. Ed infine emerse anche Severus Piton. Gli altri lo guardavano, silenziosamente. Solo Piton infine fece un passo in avanti, arrivando di fronte al suo ex Signore.
“Ne è valsa la pena. Ora che vi vedo, so che è valsa la pena morire per sconfiggervi, Mio Sig...” si interruppe, ed uno dei rari sorrisi del Maestro di Pozioni si dipinse sul volto dell'ectoplasma. “Tom. Certe abitudini non muoiono, a quanto pare.”
“Severus...” Mormorò il mago, allungando una mano verso il professore.
“Non ditemi che siete dispiaciuto, Tom. Non vi crederei. Avete fatto quello che pensavate giusto, ed avete sancito il vostro destino. Ne è valsa la pena, credete. La vostra sconfitta, la fine della vostra tirannia, sono stati un premio, per una vita come la mia. La vostra morte è stata la mia vittoria.”
Il mago fantasma fece un passo indietro, e sparì, portandosi via tutti gli altri spiriti.
Tom si strinse le braccia al petto, a malapena coperto dalla tshirt che usava per dormire, rabbrividendo. Aveva indosso quella ed un paio di pantaloni da pigiama, e gli pareva di gelare, letteralmente, eppure non vedeva l'alito rapprendersi nell'aria. Non era vero freddo quello che sentiva, era chiaro. Sentiva una morsa di ghiaccio nel cuore, come se una mano fredda stesse stringendo qualcosa di molto intimo e privato dentro di lui, una parte che non era nemmeno del tutto cosciente di avere. I rimorsi per il suo passato lo strozzarono, agghiacciandolo, tutte quelle morti, quelle facce, il sorriso che avevano tutti mentre Piton parlava... come se tutti avessero trovato nella sua sconfitta la pace che cercavano, la vendetta.
Il mago si passò una mano ghiacciata sul volto, poi si girò timidamente a guardare il teschio luccicante di Jack.
NON ABBIAMO ANCORA FINITO, SAI?


Continua... 

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