domenica 13 febbraio 2011

Gelosia

«Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre.» W. Shakespeare, Otello, atto III, scena III.

Guardò la mano inanellata, sempre più preoccupato.
Erano mesi ormai che lo portava e si era accorto con ansia crescente del potere del demone imprigionato in esso. Si nutriva delle sue emozioni, più forti erano e più lo sentiva scaldarsi. Prediligeva le emozioni negative, rabbia, dolore, tristezza, angoscia, ma si nutriva anche di quelle positive, ed ogni volta che si rallegrava di qualcosa percepiva l'anello scaldarsi ed una strana sensazione, come se qualcosa si muovesse dentro il gioiello. Da settimane aveva ripreso a far meditazione, per trovare e mantenere il più possibile il controllo dei propri nervi e non cedere in alcun modo all'emotività, ma doveva assolutamente trovare il modo di sbarazzarsene, prima che quel demone si caricasse di potere e lo sopraffacesse.
Aveva passato infinite serate con Richard Murray a studiare i tomi che avevano in libreria e spesso si era recato a Washington, alla biblioteca magica del Congresso dei Maghi, l'equivalente statunitense del Ministero della Magia britannico, cercando quante più informazioni gli era possibile sull'anello, sul demone in esso contenuto e sopratutto sul modo per levarselo.
Avevano trovato un paio di testi che parlavano di Agrippa e della lunga battaglia da lui sostenuta contro il demone, di cui non era menzionato il nome, in cui spiegavano che esso rappresentava un vero pericolo solo per i maghi, a causa del loro potere. Questo era il vincolo tra l'anello, il demone in esso contenuto ed il mago, mentre se a portarlo fosse stato un babbano l'anello non avrebbe avuto alcuna influenza sul portatore. In un testo del diciassettesimo secolo si narrava infatti che un boia dell'inquisizione avesse sottratto l'anello al cadavere di un alchimista, portandolo senza problemi, mentre l'alchimista era stato catturato mentre si stava trasformando in demone, a causa di un'emozione folgorante, al punto da metterlo nelle grinfie del demone, divenuto incontrollabile. Il boia poteva togliere e mettere l'anello come un qualunque gioiello, mentre i maghi, come Tom stesso aveva constatato, non riuscivano più a sfilarlo, una volta inserito al dito.
Per settimane i due maghi avevano cercato il modo di sfilarlo, Tom era persino arrivato a valutare la possibilità di farsi tagliare il dito e farlo poi ricucire dai medi-maghi di Boston, ma la prospettiva lo terrorizzava abbastanza da far diventare incandescente l'anello.
L'altra possibilità, per quanto sgradevole, era più semplice. L'idea era elementare, se Tom non fosse stato un mago, avrebbe potuto sfilare l'anello senza problemi. La questione era capire se esisteva un modo per bloccare o rimuovere temporaneamente i suoi poteri in modo da poter sfilare l'anello ed in seguito distruggerlo in qualche modo.
Lunghe ricerche portarono i due maghi in giro per il mondo, attraverso le più rinomate biblioteche magiche del pianeta, arrivarono addirittura a contattare Hogwarts, cercando un incantesimo adatto. Ne trovarono uno, usato nel medioevo come punizione contro i maghi che esponevano volontariamente il mondo magico ai babbani. Erano tempi più severi e crudeli di ora... ed il tradimento poteva portare alla morte. Per quanto i maghi antichi non temessero il rogo, la tortura era impossibile evitarla, e molti, malgrado quello che veniva raccontato nelle scuole ai ragazzini, erano effettivamente morti durante le fasi preliminari dei processi dell'inquisizione, sotto le mani dei boia. Per evitare questo, per punire i traditori del mondo magico, avevano escogitato un incantesimo che bloccava permanentemente i poteri dei maghi. Li rendeva al pari dei babbani, anzi, anche meno. Anche il babbano più babbano possedeva in embrione la sensibilità sufficiente per percepire la magia, quella dei Dissennatori, per esempio, ma un mago a cui fossero stati asportati i poteri sarebbe stato per sempre cieco a qualsiasi forma di magia, anche la più potente, come quella della bellezza o dell'amore. Era uno stato di cecità al potere talmente devastante da esser temutissimo, tra i maghi, e molti tra coloro che erano stati puniti in tal modo avevano finito per suicidarsi, successivamente. Si trattava di una mutilazione così potente, così crudele che era stata presto abbandonata, a favore di metodi meno inumani, come l'esilio, la cancellazione della memoria, la prigionia. Ben lungi dal volersi far togliere permanentemente i propri poteri, Tom meditava piuttosto di trovare il modo di alterare l'incantesimo al fine di renderlo temporaneo, giusto per potersi levare l'anello, ma era così complesso da sfidare anche le sue vastissime competenze magiche. Ne scrisse infinite varianti, chiedendosi se erano valide... e per la prima volta rimpianse i tempi dei mangiamorte. Un tempo avrebbe semplicemente potuto sperimentare queste varianti sui maghi che catturavano, fino a trovare quella adatta, ma ora non poteva permettersi sperimentazioni, e non sapeva quale di quelle versioni poteva esser funzionante. Le tenne per lungo tempo nel cassetto della sua scrivania, scrivendole e riscrivendole, fino a giungere a quattro versioni, che gli parvero più consone delle altre, e non le toccò, riservandosi di cercare un modo il più innocuo possibile per sperimentarle, prima o poi.
Finché non fu troppo tardi.
Era mattina. Era tornato da poco da un viaggio a Istanbul, in parte per cercare ancora informazioni sull'anello, in parte per andare a trovare Reyes Bloodsworth, anch'essa in viaggio per conto proprio, con cui aveva passato una splendida serata. Le aveva raccontato del suo ultimo fallimento sentimentale, con Serephina Wynne, la governante di Castel Dracula, con cui aveva iniziato una relazione, ma che aveva dovuto troncare, incapace di amarla. Aveva cercato conforto nella loro amicizia, ed avevano passato la serata insieme, seguendola a caccia di sangue. Si erano divertiti, erano quasi finiti a letto, e nel cuore del mago, a dispetto della sua razionalità, si era quasi riaccesa la speranza che tra loro potesse esserci qualcosa di più, visto poi che tra Reyes e Fenrir Greyback le cose andavano male, il licantropo era lontano da infinito tempo, ed il mago osava sperare quasi che la donna lo avesse dimenticato, dopo i loro interminabili tira e molla. Girava per il faro, preparandosi colazione e chiacchierando con Cletus sulle ultime novità dell'isola, talmente sereno e felice da sentire persino l'anello scaldarsi leggermente, avido del suo buonumore. Fece interiormente spallucce, pensando che in ogni caso il suo buon umore era uno scudo sufficiente contro il potere del demone, e poi si sarebbe concesso la solita mezzora di meditazione, per riequilibrare la propria emotività, prima di andare in negozio.
Fu quello il momento che Reyes scelse per andarlo a trovare e portargli un dolce... quando si abbracciarono per salutarsi, involontariamente Tom percepì i suoi ricordi. La sua legilimanzia si era ormai ampliata al punto da esercitarla al semplice contatto fisico, e quella mattina non aveva ancora alzato le sue solite difese interiori, che giudicava per altro superflue in compagnia della donna, e fu così che lo vide. Fenrir Greyback, tornato nella vita della vampira, addirittura il giorno dopo il ritorno della vampira da Istanbul, qualche giorno prima. Erano finiti a letto, ovviamente.
Un lampo di gelosia, di delusione, di dolore. Accecante. Brusco, immediato come un lampo. L'anello che portava al dito divenne subito incandescente. Il mago lasciò andare la vampira, che lo guardava perplessa. Si portò le mani al petto, stringendosi la sinistra che bruciava come fuoco. Il volto distorto dal dolore, il respiro affannoso, si avviò verso la cucina, la rabbia che si faceva strada nel suo petto, divorandolo. Fiammate dolorose partivano dall'anello salendo per il braccio, allargandosi in tutti il corpo. Camminava a fatica, senza badare se la donna lo seguiva. Cercava di scuotersi, giunto in cucina si appoggiò al tavolo, respirando a fatica. Le immagini della passione tra la vampira ed il licantropo gli invadevano la mente, senza riuscire a trovare la calma e la concentrazione per scacciarle. La donna che amava, tra le braccia del genere di individuo che aveva sempre disprezzato, un ibrido semiumano, un licantropo, per di più uno dei suoi mercenari. Pochi giorni dopo la sua partenza da Istanbul, per di più. Un gemito di dolore, fisico ed emotivo, gli sfuggì dalle labbra. Avvertì i passi di lei dietro di se, una mano che si allungava a sfiorarlo, e si girò a guardarla, carico di odio. Senza sapere che i suoi occhi non erano più blu ma neri, che la pelle, divenuta grigiastra, si stava muovendo come se qualcosa cercasse di uscire da sotto, con una voce roca e gutturale che non riconobbe si sentì dire alla donna che amava: «Non eri troppo sbronza per far sesso con lui, eh? Basta che lui schiocchi le dita, per farti trovare a gambe aperte... la regina dei vampiri è la puttana dell'ultimo dei lycan!»
La luce della stanza parve per un attimo risucchiata dall'anello, le spalle si piegarono come sotto un peso insopportabile. Il corpo del mago parve gonfiarsi di fronte alla donna, sbalordita e ferita, le mani del mago si deformarono e allungarono, fino a trasformarsi in artigli, il viso si alterò fino a sembrare quello del vecchio Voldemort, bluastro, senza naso, con gli occhi rossi. Con un gesto della mano sbatté la vampira contro il muro, dove ella si ferì contro uno scaffale, lasciando una lunga striscia di sangue sul muro, ricadendo per terra. Cletus, intento a preparare la colazione si era girato ed ora lo fissava spaventato a morte. Squittì di terrore e quando il mago riportò lo sguardo su di lui gli occhi si schiarirono per un attimo. Ansimava, si portò la mano al petto e tornò a volgersi verso Reyes.
«Vattene! Scappa!»
Il demone dell'anello ormai stava prendendo possesso del suo corpo, usando la rabbia e la paura della trasformazione. Un urlo possente e straziato gli uscì dalla gola, mentre continuava a trasformarsi. Cletus raggiunse la donna, aggrappandovisi, mentre lei scuoteva la testa e gridava.
«No! Non me ne vado! Questo non sei tu! Ribellati al demone che ti possiede! Combattilo!»
Il mago si stava trasformando ancora, in qualcosa di ancora più terrificante. Parve diventare alto come la stanza, strappando la camicia che indossava, le braccia e le spalle, nere e muscolose, mostrarono una pelle nera e coperta di scaglie, escrescenze cornee si alzarono dall'epidermide, scaglie sul petto, gli occhi ormai completamente neri e la bocca deformata in un urlo, la voce aliena, arcana, roca. Guardò con ferocia la donna ed il piccolo elfo, il volto deformato, allungato, la bocca piena di zanne spalancata e ghignante.
«Tom è morto, donna!» pronunciò la voce innaturale del demone. Ma quando terminò di dirlo cominciò a tremare, a scuotersi, il corpo si deformò ancora. Urla terribili echeggiarono nella cucina, mentre dal petto del demone parve emergere una seconda figura antropomorfa, somigliante a Tom. Le due figure combatterono, scuotendosi, quattro mani si artigliarono su un solo petto, due teste urlarono con due voci diverse, poi il corpo tornò ad essere uno solo, per un attimo gli occhi chiari del mago si fermarono sulla coppia atterrita di fronte a lui.
«Fuggite! Ora!» Urlò, prima che una fiammata di energia gli riesplodesse nel corpo, ed il demone prese di nuovo controllo del suo essere. La creatura si contorceva negli spasmi di un dolore fiammeggiante, ed un lampo di energia esplose spalancando il tetto della cucina, sopra di loro.
Il piccolo elfo piangeva a dirotto, senza riuscire a reagire, e fu la vampira a scuoterlo, gridando.
«Andiamocene! Cletus! Devi trasportarci lontano da qua!»
Solo allora la piccola creatura si riscosse abbastanza da smaterializzare entrambi lontano da lì, nella dimora della vampira.
Colui che un tempo era il mago e guardiano del faro rimase solo nella cucina semi devastata e ghignò follemente, allargando le braccia. Emise un urlo potente, assordante, mentre allargava il suo potere attorno a sé, distruggendo in parte la casa accanto al faro, poi allargò le ampie ali nere e membranose che gli erano spuntate sulla schiena e si alzò in volo, tacitando le urla del mago che ancora si dibatteva nel suo petto, disperato e terrorizzato. Solo una cosa ricordava la presenza del mago dentro di lui, l'anello di onice, ancora al dito del demone.

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