martedì 1 dicembre 2009

In viaggio

Sul treno verso la Cina mi ritrovai ad avere un deja vù.... avevo gia viaggiato, su quel treno, più di cinquant'anni prima

Ho sempre amato viaggiare. Il primo viaggio lo feci un paio d'anni dopo aver finito Hogwarts... girai il mondo, letteralmente. Sparii dall'Inghilterra per una decina d'anni, andai in cerca di adepti, di potere, di magia oscura ovunque la trovassi. Viaggiai tra i babbani e tra i maghi, pieno di rabbia, di ambizione.

Ma vi furono luoghi che mi conquistarono.

La Cina, il Giappone, con le loro tradizioni antichissime, con maghi di incredibile potere e scuole di magia come non mi immaginavo nemmeno esistessero. Mi fermai un paio d'anni in Cina, imparando la lingua e gli incantesimi più potenti.

Andai in India, e rimasi freddo di fronte ad una spiritualità tanto aperta e tollerante... ma trovai anche là tracce di magia oscura e dimenticata, di cui feci presto ad appropriarmi.

Imparai la magia nera dagli sciamani africani, esplorai l'Egitto in cerca di vecchie pergamene, scesi in tombe etrusche e greche a caccia di saperi antichi e dimenticati.

Girai l'America dal Sud al Nord, esplorando le foreste, inseguendo spiriti e demoni ancestrali. Conobbi sciamani di tutti i popoli, dal polo sud al polo nord.

Credo che nessun mago prima e dopo di me abbia girato e cercato tanto. Cercavo qualcosa che mi rendesse immortale, lo confesso. E la sola magia che mi soddisfacesse rimase quella degli Horcrux. Ma non perché non ce ne fossero di migliori. In realtà trovai in tutte le culture modi per diventare immortali, più o meno efficaci. Pensai addirittura di farmi vampirizzare, per un po', ma conclusi che l'immortalità post mortem ed il rischio di esser battuto tanto facilmente da una croce e da un raggio di sole non mi attirava.

Gli Horcrux.. soddisfacevano la mia sete di crudeltà. L'idea che gli omicidi che commettevo potevano servire a farmi diventare immortale appagava la mia sete di vendetta verso il mondo, il mio odio, la rabbia che mi portavo dentro. Tornare in Inghilterra carico di quel potere, di quell'odio, di quelle conoscenze, accrebbe il mio desiderio di prendere il potere su coloro che più di tutti mi avevano umiliato. Volevo prendere il sopravvento sul mondo magico inglese per potermi manifestare ai babbani e sottometterli, tutti, per punirli di avermi trattato come un reietto, come un rifiuto della società. Perché ero orfano, e perché ero diverso.

La società degli anni trenta e quaranta in cui ero cresciuto era ferocissima verso gli emarginati... ed esser mago e orfano significava non esser altro che un diverso da lasciarsi dietro, senza possibilità di redenzione. Ed io non la volevo, non volevo redenzione, volevo affossarli tutti, volevo vendicarmi, sterminare tutti quelli che mi avevano sottovalutato e dimostrare a loro chi ero veramente, quale errore avevano fatto a credermi solo un reietto, un inutile rifiuto della società, un mostro. Fu così che divenni un mostro anche peggiore. Un demone, nemmeno più umano.

Ed ora mi ritrovavo sullo stesso treno del mio primo viaggio, a cinquant'anni e più di distanza, a guardare il mondo con occhi totalmente nuovi. Nessun odio a mordermi, a muovermi, nessuna rabbia. Ero vuoto, totalmente. Nessuna emozione, completamente apatico, emotivamente azzerato dalla rinascita e da quello che avevo dovuto fare per fuggire e riguadagnarmi la libertà. Non mi era poi difficile far pace con tutti i morti che avevo lasciato dietro di me, ci ero abituato, in qualche modo... era come un dazio da pagare per lasciarmi alle spalle la mia vita precedente. Uccidere da assuefazione, dopo un po' non ti rendi più conto di quanto sia devastante, per cui non mi sentivo particolarmente appesantito dalla colpa.

Ad annichilirmi era la sensazione di vuoto che provavo verso me stesso. Non sentivo più nulla, ambizioni, desideri, emozioni. Nulla. Quando scoprii di essermi guadagnato anche un compagno di viaggio restai freddo... eppure fu determinante, per il resto della mia nuova vita.

Un elfo. Cletus, si chiamava, era di servizio al castello di Anyanka. Quando avevo dato fuoco alla villa, la famiglia di elfi era fuggita, tradizione vuole che quando i membri di una famiglia magica muovono tutti, gli elfi che li servono tornano liberi, per cui Cletus era libero, di fatto... ma scelse di seguirmi.

Era quello cui Anyanka aveva deputato le mie cure. Mi portava la colazione, mi serviva, mi seguiva... ed era uno strano elfo, me ne ero già accorto. Mi guardava con una sorta di ironica benevolenza, quando lasciavo in giro la roba, mi decorava il cibo con ghirigori a forma di serpente, mi lasciava biglietti per informarsi dei miei gusti in fatto di cibo e mi chiedeva piccole cose. Pensavo lo facesse per diventare semplicemente un servitore migliore, ma scoprii dopo che mi stava studiando più attentamente dei suoi padroni e mi aveva capito meglio di loro. I ghirigori che scambiavo per serpenti erano punti interrogativi. Aveva intuito i miei dubbi e cercava di farmelo sapere. Mi aveva sentito piangere, quelle prime notti, e non capiva che avessi da piangere se ero come dicevano il più grande e pericoloso mago oscuro del mondo. Come gli animali, aveva interpretato correttamente il mio linguaggio corporale, ed aveva capito che non ero affatto felice di esser tornato... e non volevo farlo capire agli altri.

Non rimase per nulla scosso quando uccisi i suoi padroni, e quando si fece vedere, in treno, mi ringraziò per aver liberato lui e la sua famiglia da padroni così cattivi. Cercai di cacciarlo, ma lui si mise a ridere.

“Cletus è un elfo libero, Signore.. non potete ordinarmi nulla.” disse. “Voglio seguirvi nel vostro viaggio perché mi va di farlo.. e non potete impedirmelo.” concluse incrociando le braccia e guardandomi con aria di sfida.

Restai a guardarlo, stupito. Riflettei.. ricordavo il ruolo che avevano avuto gli elfi nella battaglia finale di Hogwarts... e dai racconti dei nuovi seguaci avevo compreso di avere molto sottovalutato la magia e le caratteristiche di questa razza magica.. pensai che potevo capire meglio i miei errori del passato se me lo portavo dietro e decisi che tutto sommato non mi cambiava nulla, se questo elfo voleva seguirmi a tutti i costi.

Quanto mi sbagliavo...

Cominciò a prendersi cura di me a modo suo, lanciandomi occhiate ironiche, commentando la mia attitudine al disordine, permettendosi spiritosaggini che non si sarebbe mai permesso se fosse stato il mio servo. Trattandomi come un suo pari. Anzi, pretendendo che io lo trattassi come un mio pari.

Pian piano all'irritazione subentrò il divertimento. Era come avere un grillo parlante, una scimmia curiosa e dispettosa, capace di parlare e di indispettirsi. Era capace di sparire per giorni, se rispondevo male, per poi farsi vedere con aria offesa e facendomi dispetti. Non sono mai riuscito a capire completamente perché si sia attaccato tanto a me, se non pensando che mi trovava tutto sommato divertente.. aveva una strana indole avventuriera, quell'elfo. Si spaventava per i botti, i tuoni, i rumori forti, ma era capace di affrontare le bestie feroci come fossero gattoni. Quando arrivammo in Cina, scoprendo che parlavo mandarino, mi guardò ammirato, annuendo come se avesse avuto conferma di essersi scelto davvero il compagno di viaggio giusto.

Scendemmo dal treno in Mongolia. Volevo rivedere la steppa, bermi i cieli infiniti, il deserto silenzioso, la solitudine del nomadismo... avevo una vecchissima conoscenza da andare a trovare, uno sciamano di 200 anni.. e scoprii che era morto, lasciando il suo posto ad un giovanotto che mi guardò con sospetto, quando gli dissi di averlo conosciuto tanti anni prima. Mi resi conto che il mio aspetto era troppo giovanile, per poter esser credibile.. e compresi che non avrei mai più potuto entrare direttamente in contatto con persone del mio passato. Da una parte non mi avrebbero riconosciuto, dall'altra non avrei potuto spiegare il mio aspetto, ancora così tanto giovanile.. e tutto sommato era una buona cosa. Avevo la possibilità di guardarmi da lontano, ripercorrere la stessa strada e vedere le stesse cose con occhi nuovi.

Ripartii quasi subito, diretto in India. E stavolta il buddismo mi toccò profondamente. Mi trovai a pregare in un tempio, inondando il mio volto di lacrime di fronte a mille altri in preghiera, tanti in lacrime come me... e pregai, fino a quando la preghiera stessa non mi consolò, in qualche modo, non so come.

Uscii da quel tempio antichissimo respirando aria nuova. Una fiammella di emozione mi si era riaccesa dentro, e me la tenni stretta, riscaldandomi come potevo ad essa, senza sapere che cosa fosse.

Forse fu quella sera che risi per la prima volta, trovando il piatto decorato da Cletus. Aveva preparato un semplice piatto di riso al curry e con la salsa ci aveva disegnato sopra un OHM. Mi fece ridere, non so perché. Il piccolo elfo apparve con la faccia sbalordita di fronte a me, mi guardò esterrefatto e poi rise anche lui.

“Cletus non credeva che eri capace di ridere, Signore!” mi disse. Batté le mani, soddisfatto, e da allora l'OHM è diventato una strana specie di codice, tra me e lui.. me lo lascia disegnato sul piatto, in un angolo, quando mi vede triste, e riesce sempre a strapparmi un sorriso. Da allora il piccolo elfo si prese come compito supplementare quello di farmi ridere, il più spesso possibile.

Non so quante volte gli ho visto fare giochetti e piccoli dispetti ai babbani, nelle situazioni più strane, solo per farmi ridere nei momenti meno opportuni. Senza capire come, senza sapere perché, quella creatura è diventata il mio primo amico, da quando era morto il mio compagno di orfanotrofio in poi.

Abbiamo rifatto insieme il giro del mondo.. sono tornato con lui nei luoghi che avevo visitato decine di anni prima, riguardando tutto con occhi totalmente diversi.. e quella fiammella che avevo acceso in quel tempio ha continuato ad ardermi dentro, a crescere, fino a diventare un fuoco capace di scaldarmi.

Quando arrivammo a Nantucket e vidi il faro... non fu difficile decidere di fermarmi. Era perfetto. La solitudine del mare, un impegno semplice ed ordinario, l'anonimato babbano.. e la lontananza dall'Inghilterra, a cui non riuscivo a pensare di tornare.

Ma fu Cletus a farmi decidere. Quando salimmo sul faro fece una cosa che non dimenticherò mai. Si mise a guardare il mare, ridendo come un matto. Indicava qualcosa di lontano, che ancora non vedevo. La vista degli elfi è più acuta di quella umana, e dovetti aspettare qualche minuto, prima di vederle. Le balene. Non so quante, un branco intero, che nuotavano e spruzzavano alti soffi di acqua, e si tuffavano a ripetizione, come se stessero giocando. Restammo a guardarle, per ore, con il piccolo elfo che schiamazzava ammirato. Non aveva mai visto dei cetacei, in vita sua, e ne fu estasiato, per qualche misteriosa ragione. Quando presi accordi per fermarmi, convincendo con mezzi magici il responsabile del faro che ero la persona più adatta, per la prima volta da che ci conoscevamo, il piccolo elfo mi buttò le braccia al collo e mi ringraziò, come se avessi fatto un favore a lui, a fermarmi lì. Ebbe modo di cambiare idea alla prima tempesta, quando le onde ed i tuoni si scatenarono in una furia mai vista attorno al faro, ma credo che le giornate di luce e di grandi cieli che si trasformano davanti ai nostri occhi lo ripaghino abbondantemente delle notti passate rifugiato a tremare sotto il mio letto.

Spesso, quando per calmarmi mi siedo in veranda a guardare il cielo ed il mare, lasciandomi annichilire dalla loro immensità, permettendo allo spazio che essi rappresentano di dare nuove e minori proporzioni a tutti i sentimenti fin troppo dirompenti che ho reimparato a provare, lo scopro accanto a me, seduto per terra, che guarda il panorama sognante. Quando si accorge che lo sto guardando, mi ricambia lo sguardo, si ricompone e mi guarda un po' meravigliato es un po' offeso, come se non mi rendessi conto che è là fuori, lo spettacolo migliore, non certo lui. Ma io non ho il coraggio di spiegargli che lo guardo perché mi fa tenerezza. Perché quel piccolo elfo è stato il primo vero affetto che ho trovato in vita mia, e poter condividere con lui quei panorami è la cosa più bella che conosco.

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