lunedì 21 dicembre 2009

Love will tear us apart

L'amore certo... è con quello che dicono di avermi sconfitto. L'ho letto in tutti i libri, i saggi, i romanzi, gli articoli che hanno scritto sulla mia sconfitta. Io ancora ne dubito, onestamente. Io so bene com'è andata la battaglia finale, e non ho visto esplosioni d'affetto, ma errori tattici e tradimenti. E non basati sull'amore ma sull'opportunità del momento. Anche quello di Narcissa Malfoy, che mi ha taciuto la sopravvivenza di Potter, era un modo per schierarsi dalla parte del vincitore. Se quel ragazzino mi era sopravvissuto di nuovo allora non avevo speranze di vittoria. Tutto qua, ha pensato solo questo. E non crediate che non sappia che amava suo figlio, ma io so di quale amore si trattava, ero lì, li ho visto i Malfoy insieme. Draco era un possesso, un bene da gestire correttamente. Non un figlio. Non una persona da amare. Lo nutrivano di abiti e galeoni e senso di superiorità, ma non c'entrava un accidente l'amore. Come faccio a saperlo? Sono stato infelice tutta la mia infanzia ed adolescenza, so riconoscerne le tracce sul viso delle persone, tutto qua. Mi è bastato guardare Draco in faccia un paio di volte, quando pensava che nessuno lo guardasse per capirlo, osservare come guardava i genitori, per comprendere. Le ho già viste quelle facce, ad Hogwarts. Serpeverde è piena di gente con quello sguardo negli occhi. Sono riuscito ad irretirli perché nel mio desiderio di dominio c'era la vendetta verso genitori che chiedevano troppo. Quest'orfano rabbioso offriva più potere, più autostima di tutti i discorsi di quei padri aridi e boriosi che si aspettavano troppo da figli inetti o banalmente nella media. Altro che amor familiare... quante palle che raccontano sotto questo nome. E vogliono far credere al mondo che io sia stato battuto dal fatto di non saper amare. Ma che ne sanno. Che ne sanno del fatto che io non abbia mai amato. Anche prima, certo.
Una volta ho amato, nella mia adolescenza. Mi sono innamorato di... ah, chi lo sa se lei ha mai avuto il coraggio di confessarlo, di aver amato niente meno che Tom Orvoloson Riddle, da ragazzina. Non ci credo, no, non avrebbero scritto tutte quelle stronzate se lo avessero saputo.
Di chi parlo? Di Minerva McGrannitt, naturalmente. Me ne sono innamorato a tredici anni, ma voi non immaginate che bella era a quell'età.
Aveva un anno più di me, e non mi guardava di striscio, ovviamente. Ma l'anno successivo si accorse di me... ero cresciuto di 15 centimetri, non avevo ancora ucciso i miei parenti e cominciavo a sperimentare il potere della seduzione... la incantai. Non letteralmente, non sarebbe stato facile nemmeno allora, con una strega della sua bravura. Era eccezionale, veramente. Ed aveva uno sguardo dolcissimo, molto lontano dalla severità che ebbe per il resto della sua vita adulta. La sedussi, e me ne innamorai ancora di più. Ma non glielo dissi mai, questo fu il problema. Non ebbi mai il coraggio di farlo, sapevo di amarla ma non volevo darle il potere di ricattarmi con questo. E la feci soffrire orribilmente, soffrendone a mia volta. Decisi io di lasciarla. Le avevo imposto la segretezza sul nostro rapporto, non era il caso di far sapere che il più bravo dei serpeverde stava con la miglior grifondoro.
Ci spezzammo il cuore a vicenda, ed io non lo risanai mai più. Me lo impedii. Volevo ricordare quanto faceva male amare, per non ricaderci mai più. Ci riuscii. Ebbi molte amanti, ma non ne amai nessuna.
Finché... con il mio terzo ritorno tutto è cambiato, mio malgrado.
Mi sono ritrovato a chiedermi che avevano così ostinatamente da straparlare dell'amore, coloro che mi avevano vinto. Li ho letti, li ho studiati nelle foto delle loro opere, nelle interviste che hanno dato ai giornali, alla mia morte.... e li ho trovati affranti, feriti, devastati da tutte quelle morti. Il loro amore era la capacità di soffrire per coloro che avevano perduto? Per quello mi avevano battuto? Ma che senso aveva? Sapevano combattere e soffrire per coloro che amavano.. che senso ha? Io ho combattuto strenuamente per ambizione, rabbia, desiderio di vendetta, e se sono stato sconfitto è stato per una serie di errori di valutazione, non per mancanza d'amore. O perché non fossi capace di soffrire. Quello lo so fare splendidamente bene da quando ho memoria. Non esiste giorno nella mia mente in cui questa consapevolezza non sia presente.

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Amore... ho provato a cercarlo, lo confesso. Quando ero in giro per il mondo con Cletus mi sono accorto che le donne mi notavano per il mio aspetto, e la cosa non smetteva di sembrarmi buffa. Non ho mai badato al mio aspetto, accorgermi di esser considerato attraente mi fa ridere a crepapalle, per quanto sia vero. Assomiglio a mio padre, che era universalmente considerato un bell'uomo. Molte donne mi hanno fatto capire che gli assomiglio molto, in questo. Ma mi sono sempre tenuto a distanza, fino a quella volta in Messico...
Ero in cerca di ricordi, seguivo distrattamente una compagnia di turisti new age, guidati da una svitata che parlava di energie della terra e intonava mantra inneggianti all'amore universale, con la compagnia che la seguiva estasiata. Una delle donne che la seguiva mi guardava già da tempo, da quando avevo incrociato la loro strada due giorni prima, nella capitale. Eravamo alle piramidi a gradoni dei Maya, a Chichen Itza, e mi osservava, mentre cercavo di tenermi in disparte ed osservavo il paesaggio... ero già stato lì decenni prima, avevo trovato un vecchio scrigno contenente polvere magica 800 anni prima, ormai del tutto priva di potere e di valore. La loro maestra mistica sosteneva di sentire immense energie, ed io sorridevo, pensando che la sola fonte di energia magica presente ero io, ormai. La guardavo, carica di braccialetti, vestita come una vecchia hippy, che guardava tutto con occhi luccicanti, mentre lei invece osservava me, che me ne stavo in un angolo, a guardare altrove. Mi si avvicinò, chiedendomi se avevo un accendino. Si chiamava.... no, che senso ha dirvelo? Era Lei, semplicemente. Mi infilai una mano in tasca, materializzai un accendino e glielo porsi. Chiacchierammo del più e del meno, e risi, mentre mi spiegava che era al seguito del gruppetto per via di un'amica con fibrillazioni mistiche, che lei assolutamente non condivideva. Era bellissima. Mora, occhi neri, una risata contagiosa. Finimmo a letto la sera stessa, mentre la comitiva andava a percepire le energie delle stelle. Abbandonò il gruppo e l'amica la settimana dopo, venendo a cercarmi nello stesso albergo, dove mi ero fermato per pura pigrizia.
Ero a corto di stimoli e ritrovarmela davanti fu una bella sorpresa. Non mi accorsi nemmeno di quello che mi stava succedendo, lo ammetto. Era passato talmente tanto tempo da quando mi ero innamorato di Minerva che non mi ricordavo nemmeno che sensazioni dava. Mi lasciai andare, curioso, eccitato, persino felice... era come una bambina, per me.. lei non lo sapeva, ma la differenza di età era enorme, lei era appena trentenne, io ne ho più di ottanta, anche se non li dimostro affatto. I suoi entusiasmi, la sua gioia di vivere era contagiosa, esaltante, e talvolta faticosa. Cominciò a chiedermi del mio passato e dovevo fare i salti mortali per inventarmi un passato ragionevole.. inventai di essere un giornalista free lance, di viaggiare per cercare storie, di essere in crisi creativa, per cui non scrivevo... e la difficoltà maggiore era nasconderle la mia magia. Finché...
Pensavo davvero mi amasse per quello che le dicevo di essere. Una sera mi beccò ad usare la bacchetta per prendere un libro dal tavolo. Un semplice, banale incantesimo di appello. Mi guardò con occhi che brillavano.
“Lo sapevo che eri un mago. Lo avevo capito da subito.”
Restai di sasso. La guardai sbalordito. Cercai di spiegare, ma troncò ogni spiegazione con una frase che non avrei mai voluto sentirle dire.
“So chi sei, ne avevo il dubbio, ma ora l'ho capito. Sei Lord Voldemort. Non puoi essere che lui.”
Aveva un'espressione febbricitante, fanatica.
“Come puoi saperlo? Voldemort è morto, io non sono...”
“Sei tu. Lo so. Mio padre era un tuo seguace, mi fece vedere delle tue foto da ragazzo... e non mi posso sbagliare, sopratutto perché ho riconosciuto la tua magia... il tuo potere è inequivocabile...”
La guardai... e qualcosa mi si spezzò dentro, quella notte, qualcosa che non è ancora guarito.
“Sei una strega...” mormorai....
Annuì, sorridendomi.
“Si. Mio signore... sei tornato.. aspettavo ti rivelassi a me, ma non lo hai fatto ed ho pensato avessi qualche piano, per quello ho atteso e non ho detto nulla... poi ho capito che non volevi altro che una compagna... ed io ora posso essere la compagna del Signore Oscuro!”
Mi sedetti... e compresi. Non mi aveva mai amato realmente. Era innamorata della mia fama. Del mio nome. Di chi ero stato, ma di me? Non sapeva nulla, non voleva accettare nulla.
Sentii qualcosa stringermisi dentro, come in una morsa. Scossi la testa, incredulo. Mi venne accanto, convinta che io fossi sollevato che avesse scoperto chi ero.
“Io voglio stare con te, voglio che mi insegni le arti oscure... sii il mio maestro...”
La fissai... le carezzai il viso, mi persi negli occhi che credevo avessero così spesso ricambiato il mio amore.... e vi vidi solo il mio riflesso. Compresi che non avevo visto altro che quello, nei suoi occhi, quello che volevo assolutamente trovarci, ma che non c'era mai stato. Ero io ad averci proiettato qualcosa che desideravo, che bramavo. Che non sapevo di star cercando.... e che ero pronto a dare. Lei mi fissava, bramosa, ed io le carezzai il viso... senza pronunciare una parola l'ipnotizzai, e mentre le lacrime cominciavano a scorrermi sul viso, le feci dimenticare tutti i mesi che avevamo passato insieme.... il suo sguardo si svuotò, ed io fissai per l'ultima volta il mio riflesso nelle sue iridi spente. La condussi a letto, e di nuovo fuggii nella notte, verso il primo treno disponibile. Per la prima volta da quando ero tornato, accarezzai l'idea di riabbracciare la vita di prima, di tornare ad essere solo un mezzo demone, incapace di provare altro che odio, perché mi faceva sentire protetto, sicuro... non fragile ed inutile come mi sentivo su quel treno, come non facevo che sentirmi da un anno e mezzo, da quando ero tornato mio malgrado alla vita. Ma non ci riuscivo, stavolta qualcosa mi tratteneva, e mi lasciai trasportare dal treno verso la destinazione successiva.
Portava a Portland, nel Maine. Fu sul vagone che trovai una copia sdrucita di Moby Dick... e la storia di Ismaele mi fece venir voglia di vedere da dove era partito, Nantucket... avevo voglia di perdermi anche io, avrei tanto voluto potermi smarrire in mare, per sempre... quando vidi il faro ne rimasi colpito. Pensai che in mancanza di navi su cui potermi imbarcare potevo passare il tempo a guardare il mare, sperando che la ferita che mi sentivo in petto si rimarginasse con il tempo.
Lo ha fatto. La cicatrice non si vede, ma io la sento, come una scorza sul mio cuore. Mi ha corazzato, forse... perché non mi guardo più attorno con lo stesso bisogno di prima, la ricerca disperata ed inconsapevole di qualcuno che mi ami.... non ho più cercato gli occhi di una donna. Ho lasciato che mi cercassero, ma non mi sono fatto trovare, per così dire. Ho paura, si è vero. Sono terrorizzato all'idea di reinnamorarmi... e scoprire che sono solo proiezioni. Che quello che cerco non sono capace di trovarlo, perché non so che aspetto abbia.
Alla fine qualcosa di quello che dicevano i miei nemici l'ho capito... amare è qualcosa che ti rende più forte, meglio dell'odio. Ti rende capace di accettare la sofferenza, ti rende resistente in una maniera che l'odio non sa fare. Quando odi cerchi vendetta, quando ami vorresti solo poter amare. Ma non sono più capace di cercarlo, non so che faccia abbia... mi sono corazzato contro il rischio di soffrire di nuovo inutilmente..... ma non riesco a smettere di sperare di trovare quello che non cerco.

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L'amore mi ha fatto a pezzi...
Pensavo di aver smesso persino di sperare. Di non volerci più ricadere... che la mia corazza fosse abbastanza salda da non rischiare più ferite, ma non è così. Le ferite si rimarginano, le cicatrici ti ispessiscono l'anima... ma poi si ammorbidiscono e tu ti abitui a sentire di nuovo... e riscopri il desiderio, senza accorgerti di provarlo, finché non incroci di nuovo uno sguardo gentile, una donna che ti guarda senza altro che dolcezza negli occhi. Ha gli occhi verdi, i capelli rossi... sa che sono un mago, ma non immagina chi io sia e mi crede, se le dico che semplicemente non voglio aver a che fare con le arti magiche se non lo stretto indispensabile. È una strega anche lei, ma la miglior magia che sa fare è quella di farmi sentire bene, quando vado al suo negozio a comprare le scorte di erbe magiche per Cletus... è lui che me l'ha fatta conoscere e sospetto che sperasse di vederci insieme... non so ancora che succederà. Non ci sono altro che sguardi, sorrisi e serate a guardare le stelle, al faro... e la gioia di una compagnia che non mi chiede nulla. Sa chi era Voldemort, e ne ha la stessa repulsione che provo io... se sapesse chi sono... non voglio pensarci. Ma non lo saprà mai. Quella vita è finita... ed il faro, il mare di fronte ad esso, mi hanno ridato la speranza di poter ricominciare. Forse.

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