lunedì 25 ottobre 2010

Il segreto di Reyes


PREMESSA: questo capitolo nasce dalla storia del Lord ma parallelamente ad essa, all'interno di un gioco di ruolo in cui il mio lord si muove e vive la vita che è narrata in questi capitoli. La Reyes del racconto è una vampira di grande potenza, generata da Vlad Tepes Drakul in persona, interpretata da una mia grandissima amica, a cui tributo in questo capitolo tutto il grande affetto che provo per lei.



La distesa acquatica era liscia, di fronte agli occhi dell'uomo, ritto sul molo a fissare l'orizzonte. Stringeva gli occhi, dello stesso colore screziato e luminoso del mare, in lontananza, una mano levata a riparali dal sole accecante. Erano giorni che attendeva, ma quella nave sembrava non arrivare mai. Ringhiò sommesso, maledicendo il timore della donna che attendeva, terrorizzata dagli aerei. Si appoggiò ad un palo che delimitava il molo, chiudendosi il pesante giubbotto da marinaio addosso, per ripararsi dal vento gelido che soffiava costantemente dall'oceano, in quella parte dell'isola. Nella lettera non gli aveva detto quando sarebbe arrivata, solo che ci avrebbe messo circa una ventina di giorni. Ed erano esattamente diciotto giorni che egli andava inutilmente a scrutare l'orizzonte, pur sapendo, i primi giorni, che non sarebbe arrivata, e sentendo crescere l'ansia ed il senso d'attesa, ogni giorno che passava. Sospirò, per l'ennesima volta, diviso tra frustrazione e desiderio, e si girò per tornare in porto, e poi al negozio, dove le solite incombenze lo attendevano.
"Tom!" lo salutò con voce venata da una leggera ironia Ernest, il pescatore che ogni mattina andava a tirar su le nasse su quel molo. "Nemmeno questa mattina è arrivata la tua bella?"
"Pare di no, Ernie! Ma io sono paziente..."
"Certo che ci vuole una bella fantasia per decidere di venir dall'Europa via mare! Senza contare i rischi... il mare è sempre più pericoloso dell'aria." Commentò l'anziano marinaio, fermo di fronte a Tom, estraendo una scatolina contenente tabacco e cartine e cominciando a farsi una sigaretta.
L'altro annuì, corrugando la fronte. Lo aveva detto anche lui alla donna, quando si erano sentiti, settimane prima. Poteva prendere l'aereo, sarebbero state solo poche ore di volo, invece di giorni in mare. Oppure avrebbe potuto andarla a prendere lui, con la magia... lei sapeva chi lui fosse, conosceva i suoi poteri, e non era certo un problema, per colui che era stato il più potente e pericoloso mago oscuro del secolo andare a prendere la donna che amava e portarla in salvo al faro. Ma Reyes non aveva voluto. Era una donna, nonché una vampira, di altri tempi, affezionata ad un certo modo di vivere e di viaggiare, malgrado la modernità che ormai aveva trasformato il mondo. Il mago aveva fatto pace con tutta la modernità dei babbani, da quando si era rifatto una vita, aveva imparato ad usare mezzi babbani moderni come computer, telefoni, auto, aveva viaggiato tra i babbani senza farsi riconoscere, viveva come un babbano, a cominciare dai vestiti e dal modo di esprimersi, ma non aveva rinunciato alla magia.. anzi, la praticava quanto prima, seppure con altri scopi. Cercava ancora il potere, ma ciò che lo spingeva ancora era il desiderio di conoscenza, la sete di imparare tutto quello che prima aveva tralasciato... la sua mente acuta e insaziabile non aveva perso stimoli e lo studio della magia ancora lo affascinava, sopratutto ora che era libero da ambizioni di sorta.
Ma vi erano cose che restavano sempre e comunque fuori dalla portata di ciò che era possibile fare con la magia.. e l'amore era indubbiamente una di quelle. Il mago conosceva mille pozioni per indurre il desiderio, la passione, l'ossessione, ma nessuna che inducesse il vero amore. Né ve ne erano che cancellassero l'amore, una volta che si fosse risvegliato nel cuore di un uomo.
Si era innamorato circa un anno prima della regina dei vampiri, ed avevano avuto una breve storia travagliatissima, quando lei aveva rotto con il licantropo ed ex mercenario per i mangiamorte Fenrir Greyback, lui l'aveva consolata ed accudita, come una bambina, e lei gli si era aggrappata... si era lasciata consolare, affezionandosi a lui, forse amandolo un po', anche ma in maniera del tutto diversa da come lui amava lei. La storia si era trascinata per qualche tempo, finché non si era spenta nel silenzio, mentre fantasmi passati si rannuvolavano tra loro. Il mago nemmeno ora capiva perché era finita, sapeva solo che erano tornati indietro, a quando si limitavano a flirtare, a trattarsi da affettuosi amici, senza risvolti di alcun tipo... ma sapeva bene, in cuor suo, di amarla come prima. Se non di più. Era altresì consapevole di non poterla riavere, avendo visto e percepito nei pensieri di lei il ritorno del licantropo, e stavolta non voleva più immischiarsi. Se lui non poteva essere altro che un amico, per la regina dei vampiri, si sarebbe limitato a quello, per male che potesse fargli.
Il mago si portò una mano al petto, immerso in quelle riflessioni, a mala pena consapevole delle chiacchiere sul tempo e sulla pesca del marinaio, finché questi non si interruppe a guardarlo, sorridendo.
"Non è solo un'amica che stai aspettando, eh, vecchio mio?"
Il mago si riscosse, guardando l'amico babbano con un sorriso, sorpreso di esser stato tanto trasparente.
"Ti sbagli Ernie... è solo un'amica... purtroppo." concluse, con una smorfia di amarezza in viso.
L'amico gli diede una pacca su una spalla, comprensivo.
"Ragazzo mio... è inutile che ti dica quanti pesci ci sono nel mare, se tu vai inseguendo solo la balena bianca, vero? Stai solo attento a non fartene divorare..."
"Già..."
Tom si riscosse, guardando l'ora. Era tempo di andare ad aprire il negozio, per cui salutò l'amico e si diresse a passo svelto all'Arcana Cabana. Per almeno un paio d'ore si perse nelle solite occupazioni, tra cui quella di rimettere a posto gli oggetti che avevano la malsana abitudine di muoversi, scambiandosi visite sugli scaffali, per farsi trovare addormentati alla rinfusa la mattina dopo. I più gioviali erano un gruppo di forchette d'argento, appartenute ad una strega molto celebre nella bella società del settecento, la quale adorava organizzare danze e ricevimenti, le cui forchette si comportavano alla stessa maniera, facendo visite di cortesia a tutti gli altri oggetti del negozio. Ritrovarle la mattina era sempre un'impresa, visto poi la loro tendenza a dividersi, ognuna in visita a categorie merceologiche diverse. Meno problematici erano i libri, abituati a dormire sugli scaffali, giusto ogni tanto qualcuno scendeva a raccontare il proprio contenuto agli altri e lo si poteva trovare addormentato e spalancato in mezzo al negozio, da dove aveva declamato ad alta voce la propria storia, ma solitamente erano assai ordinati.
Quella mattinata scorse via rapidamente e l'ora di pranzo arrivò prima che il mago potesse chiedersi che ora era, accompagnata dal socio, Richard Murray, che come al solito veniva a dargli il cambio per il pomeriggio. Mangiarono insieme al pub magico, raccontandosi le novità e passandosi le consegne, come al solito, ed anche l'anziano libraio si accorse delle rughe di preoccupazione disegnate sempre più profondamente sulla fronte dell'amico.
"Tom... smettila di tormentarti. Arriverà presto, vedrai... certo è strano anche per una vampira scegliere una barca a vela, per attraversare l'oceano, ma sai come sono questi vampiri. Sopratutto quando hanno una certa età, sono come tutti gli umani, affezionati a quello che conobbero da giovani." lo guardò in tralice, sorridendo.
Tom annuì, pensando che era particolarmente vero per lei, visto quanto adorava le loro anticaglie... aveva un animo fresco e fanciullesco, ma i suoi gusti, in fatto di vestiti e di un certo stile, appartenevano senza ombra di dubbio ad altri tempi. Sorrise, intenerendosi al ricordo dei modi formali della donna, quando le aveva presentato il proprio socio, degli atteggiamenti regali che aveva quando andavano in giro, capaci di incutere involontario rispetto in chiunque la incontrasse. La sua mente sfuggì di nuovo al suo controllo, divagando tra i ricordi dei loro incontri più divertenti ed intimi, delle loro chiacchierate, delle prime volte che si erano baciati, e di nuovo si disegnò l'amarezza sul suo viso.
"Hai ragione Richard..." disse quando riemerse dai propri pensieri, "Arriverà, è inutile starci a pensare."
Si salutarono, ed il mago tornò al faro, ad occuparsi della manutenzione lampada e della pesca per casa, insieme al piccolo elfo che amava il mare quanto lui, senza potersi impedire di lanciare occhiate verso l'orizzonte, sperando di veder spuntare una vela bianca, prima o poi, invece dei fumaioli delle navi da crociera o della forma sgraziata dei pescherecci.
Al tramonto salì sulla lampada a controllare che tutto fosse a posto per l'accensione, ed infine scese a ritirarsi nello studio, a leggere un po', ascoltando musica e scribacchiando, prima di andare a letto, quando fu colto di sorpresa dal campanello di casa che squillava. Andò ad aprire, precedendo Cletus, accigliato per l'ora e rimase sbalordito, quando si trovò di fronte la donna che tanto aveva atteso, seminuda, l'ampio abito strappato e semidistrutto, bagnata fradicia, graffiata e molto, molto arrabbiata.
"R-Reyes? Ma che diavolo è successo?"
"Siamo naufragati!" Esplose. "La nave è stata colta da una burrasca due giorni fa, a poche miglia da qua, ed è finita in acqua con tutto l'equipaggio! Ovviamente gli umani sono morti tutti... mangiati dagli squali che pensavano di banchettare anche con me!" Ringhiò la donna, mostrandogli una gamba su cui il segno di un morso stava rapidamente rimarginandosi. "Detesto il sangue di pesce... Ma vuoi farmi entrare o devo mordere anche te per potermi fare una doccia?"
Il mago aveva disegnato in volto un misto di sgomento e di dolore, ma a quelle parole scoppiò a ridere. Certo la regina dei vampiri non poteva venir fermata da qualche squalo... malgrado la sua innegabile dolcezza, era un temibile predatore, da far arretrare tigri e squali, senz'ombra di dubbio.
"Tesoro, avanti... ma mi sa che dovrai accontentarti dei miei vestiti, per coprirti, perché non ho nulla di adatto da darti."
La donna non lo ascoltò nemmeno, inoltrandosi nella casa che conosceva tanto bene e infilandosi nella doccia.
Le preparò dei vestiti nella camera degli ospiti, poi disse a Cletus di preparare da mangiare e da bere ed andò ad attenderla in salotto, aggiungendo legna al fuoco nel camino, già acceso contro il precoce freddo che avvolgeva Nantucket.
La sentì cristonare contro l'effetto della salsedine sui suoi lunghissimi e bellissimi capelli rossi per un po', prima di vederla riemergere avvolta da un accappatoio, la testa avvolta da un asciugamano a mò di turbante, a reclamare un bloody mary degno di questo nome. Si sedette sulla sua poltrona preferita, di fronte al camino, e si rilassò solo dopo aver scolato almeno metà del drink. Allungò le bellissime gambe a scaldarle al fuoco ed il mago si perse a guardarle, prima di accorgersi dello sguardo divertito con cui ella lo fissava.
"Ti ho fatto una domanda, Tom... e non mi hai ancora risposto"
"Ah, si?" Sorrise, per nulla imbarazzato. "Se vuoi la risposta me la dovrai ripetere, tesoro... ma prima copri quelle gambe, altrimenti non riuscirai a ottenere nulla di sensato da me!" Rise. Il suo arrivo lo aveva finalmente rilassato, si sentiva leggero, come se avesse bevuto e persino il fatto che avesse fatto naufragio e fosse praticamente arrivata a nuoto, sopravvivendo al disastro solo perché era già morta ed era una vampira estremamente potente era passato in secondo piano.
"Ce l'hai?" Ripeté la vampira.
L'uomo annui, alzandosi dal divano.
"Ma certo che ce l'ho... sono settimane che ti aspetta."
Prese un piccolo scrigno dalla propria scrivania e lo porse alla vampira, che lo aprì con occhi luccicanti. Ne guardò il contenuto con un sorriso raggiante, alzando poi il viso verso il mago, che le si era seduto accanto.
"Oddio, Tom.. non so come ringraziarti!"
"Eh, io un'idea l'avrei..." Rise il mago, mentre visualizzava esattamente il genere di ringraziamento che avrebbe preferito, ma scacciò la visione con una scrollata di spalle. "Ma basterà semplicemente che ne resti un po' quando avremo finito di usarla... non è facile reperirne, e quella è la sola che ho. Piuttosto non ho capito perché hai voluto venirla a prendere qui affrontando un viaggio così lungo e pericoloso quando avrei potuto portartela io con la solita passaporta."
La donna chiuse lo scrigno, carezzandone pensierosa il coperchio, prima di rispondere.
"Non volevo che... lui lo sapesse. Mi ucciderebbe se scoprisse quello che voglio fare e non sono nemmeno io sicura di volerlo fare, sai?" Alzò lo sguardo su di lui, le iridi verdi velate da un po' di malinconia.
Il mago si avvicinò a lei, e con un gesto gentile coprì con un plaid le gambe che la donna infreddolita aveva raccolto sotto di sé, eliminando dalla vista una notevole distrazione.
"Non capisco nemmeno io perché vuoi farlo, sai? Voglio dire... è una cosa bizzarra, dopo tutto questo tempo..."
Reyes si strinse nelle spalle, tornando a guardare assorta il piccolo scrigno.
"Hai ragione, ma... ne ho sempre sentito la mancanza. Da quando sono... diventata quello che sono, per quanto mi piaccia essere quello che sono, io..." Si morse un labbro, turbata. "E poi è una specie di anniversario, per me. Il prossimo Halloween saranno esattamente..." Alzò lo sguardo al mago, ed un sorrisino si dipinse sul suo volto. "Sarà un anno zero, come dici tu, quando si compiono i decenni."
Il mago sorrise. Non conosceva esattamente l'età della vampira, non gliel'aveva mai chiesta e per l'affetto che provava per lei, non era nemmeno andato a cercarla sui libri che raccontavano la sua storia e quella della sua stirpe. Sapeva che ammontava a parecchio, ma preferiva non saperla, se a lei non faceva piacere dirlo. Si chiese solo se il decennio era riferito all'età di nascita o a quella della trasformazione, ma ritenne inopportuno chiederlo, per cui si avvicinò semplicemente alla donna per abbracciarla.
"Posso capire, allora... ma non rischi di soffrirne ancora di più, dopo? Voglio dire... quando sarai riuscita a farlo, non ne sentirai ancora di più la mancanza?"
La donna posò la testa sulla spalla del mago, stringendo la scatolina tra le mani.
"Forse, Tom... ma sono stanca di rimpiangerlo. Voglio tornare a provarlo, per una volta. Solo per una volta, tanto di più non si può fare, e voglio farlo qui, lontano da Vlad che potrebbe pensare che non ami quello che sono diventata e non ami più lui. Lo prenderebbe come qualcosa di personale, come un rifiuto, mentre io voglio solo..." si fermò, con la voce che si spezzava, ed un vago sentore di nodo in gola che le si formava in petto. "Voglio solo ricordare ancora cosa si prova con il cuore che batte in petto, Tom. Voglio ricordarmi la mia umanità, non voglio diventare come quei vecchi parrucconi insensibili che popolano la corte, tutti convinti che esser morti e incapaci di amare sia meglio della vita, del sole che ti batte in viso. Che questo li renda migliori delle persone che ammazzano per nutrirsi. Lo sai che..." Si fermò, alzando la testa a guardarlo negli occhi, ed il mago si lasciò annegare in quel verde liquido, ascoltandola. "Sono anni che non uccido più nessuno? Mi limito a bere senza mai uccidere il donatore, tanto più che di ragazzi che mi vengono a cercare per l'ebbrezza di farsi mordere ce ne sono molti più delle mie esigenze... sono tutti convinti che sia chissà cosa di erotico, mentre per me è solo un modo per nutrirmi, ne più ne meno che farsi un piatto di pastasciutta per loro."
La donna sospirò, rannicchiandosi contro il corpo del mago.
"Voglio che sia una cosa mia, privata... e sei il solo a cui posso raccontarlo. Anche..." Si interruppe, mordendosi il labbro, esitante.
"Non capirebbe, lo so" Concluse il mago per lei. La strinse a sé. "Per lui la licantropia è diventata motivo di orgoglio, anche se lo fa soffrire, ma è fiero di se stesso e di quello che è. Ed è vivo, in ogni caso."
"Esatto. Lui lo sa cosa vuol dire sentirsi il cuore in petto, io invece..." Posò una mano sul centro del torace del mago, percependone il battito intensificarsi al tocco, emozionarsi.
"Scusami, Tom... io ti sto di nuovo usando come muro del pianto..."
"Non ti azzardare. Non devi scusarti, Rey. Se avessi saputo che volevi fare una cosa del genere e non ti fossi rivolta a me mi sarei offeso mortalmente." Sorrise. "E poi almeno io sono un esperto del settore. Visto che so come funziona, potrai farlo in piena sicurezza." E potrò consolarti, quando gli effetti verranno meno... concluse mentalmente, senza dirlo, per non aggiungere dolore a quello che vedeva negli occhi della donna.
"Quando vuoi farlo? Proprio ad Halloween?"
Reyes annuì.
"Se per te non è un problema..."
"Nessun problema, ti posso assicurare."
Mancava ormai solo qualche giorno ad Halloween, e la costa del Massachusetts era stata riempita di festoni colorati, ogni vetrina era piena di zucche e streghe e gatti neri, tanto che alcuni maghi vecchio stampo, abituati al cappello ed alla veste da mago circolavano anche nel mondo babbano, godendosi l'anonimato che la festa donava loro. Il mago e la vampira, invece giocavano a fare i babbani, girando la sera, dopo il tramonto, per locali e strade piene di ragazzini festanti, che anche in anticipo sulla festa cominciavano ad andare in giro travestiti. Il mago era diviso tra la gioia di avere al suo fianco la vampira e la preoccupazione per la tensione che vedeva disegnarsi sempre di più sul suo volto, giorno dopo giorno.
La sera prima del giorno decisivo il mago condusse la vampira a ballare, deciso a non farle pensare a nulla, e poi quando tornarono a casa, pronti per la prova, il mago la fece sedere in salotto e la fissò negli occhi, serio come non era mai stato con lei.
"Sei sicura?" chiese. "Non sarà una cosa definitiva, durerà solo qualche giorno... malgrado la sua potenza, la pietra filosofale non può ridarti la vita, il sangue vampirico riprenderà il sopravvento e tu tornerai quella che sei ora..."
La donna rispose al suo sguardo, altrettanto seria.
"Più che mai, Tom... voglio risentire la vita in me. Voglio sentire il mio cuore, voglio respirare... voglio sentire il sole dell'alba sul mio viso. Fosse anche solo per rimpiangerlo di nuovo e dolorosamente per altri infiniti anni, voglio provarlo di nuovo."
Il mago la guardò a lungo... era toccato da tanto desiderio, era ciò che amava di più in lei, la profonda umanità che le era rimasta. Quello che davvero la rendeva diversa da ogni altra vampira. Aveva sperato di poterle fare cambiare idea, perché immaginava che tornare vampira l'avrebbe fatta soffrire ancora di più, ma la decisione negli occhi di lei era più forte dei suoi dubbi e decise di assecondarla. Se non altro, sarebbe stato con lei, avrebbero condiviso questo strano percorso... ed avrebbe potuto consolarla quando il sangue di Vlad l'avrebbe uccisa la seconda volta, riportandola ad essere una vampira.
Il mago si alzò, ed aprì la porta del suo laboratorio magico, dove da giorni da un alambicco magico si distillava l'elisir estratto dalla pietra filosofale, contenuta nella scatoletta che Reyes aveva voluto vedere giorni prima.
"E' pronta, tesoro..." mormorò il mago, tornando con un bicchierino.
La donna lo prese in mano, guardò la pozione di color zafferano e restò indecisa qualche momento, persa in pensieri troppo lontani per poterli esprimere a parole... poi senza lasciarsi fermare da altre considerazioni, bevve, tutto in un sorso. Guardò il mago oscuro di fronte a lei, con gli occhi lucidi, un barlume di timore negli occhi.
"Farà male?" chiese, un attimo prima di sentire una fitta di dolore al petto. Posò con mani tremanti il bicchierino, per portarsele subito al seno, abbassò gli occhi, mentre il suo corpo riprendeva a vivere. Un lampo di dolore la attraversò, mentre tutte le funzioni vitali tornavano ad agire dentro di lei. Emise un gemito roco, mentre si sdraiava sul divano, attraversata da una sensazione fortissima di piacere e dolore, analoga a quella che aveva vissuto lo stesso mago quando era stato riportato in vita, anni prima. Spalancò gli occhi, guardando Tom, senza parlare, la bocca aperta ad aspirare ampie boccate di aria. L'uomo le si sedette accanto, il viso stravolto dalla preoccupazione, tendendo le mani, ma ella alzò le proprie, mentre respirava a fatica, gemendo.
"No..." disse con voce roca. "Non mi toccar.." s'interruppe, emettendo un gemito, prendendosi la gola. Divenne pallidissima, ed il mago restò a guardarla, angosciato, mentre la donna chiudeva gli occhi, ansimando. Il suo corpo fu scosso da violenti brividi, mentre la vita tornava ad impossessarsi delle sue membra, e dopo quello che parve un tempo interminabile, riaprì gli occhi, pieni di lacrime... e sorrise.
"Tom... sono di nuovo viva..." gli prese le mani e se le premette al seno, dove il mago sentì nuovamente pulsare il cuore, potente, rapido sotto la sua mano. Sorrise, gli occhi che si velavano di lacrime di commozione.
"Mio Dio, Rey..." mormorò, incapace di dire altro.
La donna allungò una mano tremante a toccargli il viso, cercò di alzarsi ma ricadde, debole come un neonato.
"Portami fuori, ti prego... voglio sentire il vento" Disse, a voce bassissima.
Il mago si alzò in un lampo, prese un pesante mantello e aiutandola ad alzarsi ve la avvolse, e la condusse in terrazza. La donna guardò il cielo, come se lo vedesse per la prima volta, lasciando che lacrime di commozione le scorressero sul viso.
"Voglio vedere l'alba, Tom... resta con me, ti prego..."
"Non vado da nessuna parte, amore mio.. sono qui, con te."
La fece sedere sulla sdraio, la avvolse in un caldo plaid e si sdraiò accanto a lei, dopo aver chiamato l'elfo per far portare da mangiare.
"Devi nutrirti, ora..." Tremava a sua volta, colmo di un'emozione intensissima, incapace di identificarla. Il viso di lei si era trasformato, pur restando bella come sempre, era colorato di rosa, ed era più dolce, più giovane, come se fosse tornata poco più che una ragazzina. Come se avesse ritrovato un'innocenza che tutti quegli anni da vampira avevano cancellato dal suo viso. Il mago la strinse a se, mentre la donna guardava il cielo notturno schiarirsi lentamente sopra di loro, e lentamente sorseggiava il brodo ristretto che il mago le aveva fatto portare. Il sole sorse, lentamente, colorando il cielo con strisce di colore cangiante, dal rosa al fucsia all'azzurro più intenso. I due restarono abbracciati, senza parole a guardarlo trasformarsi di fronte a loro, troppo emozionati per parlare, fino a quando il sole caldo si alzò sulla baia di Nantucket. Solo allora la donna cominciò a sentire la stanchezza e si fece portare dal mago nella sua camera, dove dormì, mentre il mago andava ad occuparsi dell'Arcana Cabana. La mattina sembrava non passare mai, per il mago, che corse a casa trafelato, senza pranzare come al solito con il socio, per trovare Reyes in terrazza, che mangiava a quattro palmenti un sontuoso pranzo preparato con tutte le cure dall'elfo.
Mangiarono insieme, ridendo come ragazzini e dopo pranzo uscirono per andare alle giostre di Halloween, piene di ragazzini travestiti, e la donna sembrava esser davvero tornata una bimba. Rideva, voleva salire su tutte le giostre, si gustava il cibo e la tachicardia per le corse che infliggeva al mago come se non le avesse mai vissute, guardava ogni cosa stupita dai colori, dalla luce, dal freddo e dal caldo degli oggetti e della pelle dell'amico. La sera non voleva quasi andare a letto, e la mattina dopo, malgrado fosse festa, si svegliò prestissimo, precedendo persino il mattutino elfo nella preparazione della colazione.
Trascinò di nuovo in giro il mago, voracemente affamata di vita, fino a sera, quando con il tramonto, l'effetto dell'elisir cominciò a diminuire.
Era quasi mezzanotte, quando il sangue di Vlad riprese il sopravvento sulla Pietra Filosofale.
La donna si portò le mani al petto durante la cena, ed alzò sul mago uno sguardo pieno di dolore.
"Tom..." Mormorò. "Sta finendo..."
"No! Doveva durare almeno sei giorni, secondo i miei calcoli..." Gli occhi del mago si incupirono, mentre la afferrava prima che la donna cadesse a terra, per gli spasmi di dolore. "No..." Mormorò, osservando il colore che scompariva dalle guance della donna. Ella gli carezzò il viso, respirando a fatica.
"Non fa nulla... è stato meraviglioso lo stesso..." disse, mentre quel rapido assaggio di vita la abbandonava. Rimase immobile tra le sue braccia per qualche istante, a fissarlo, poi ricadde, abbandonata. Il mago, seduto per terra, folle di terrore, guardò il corpo della donna afflosciarsi tra le sue braccia, privo di vita, ed ebbe per lunghi istanti il terrore di non vederla tornare, mentre il pensiero di averla uccisa per sempre attraversava la sua mente.
"Torna, Reyes... torna, amor mio." ripeteva, senza accorgersi di averle di nuovo dato l'epiteto che usava quando stavano insieme per la seconda volta in due giorni. Sentì le lacrime scorrergli sul viso, mentre la stringeva a se, incapace di pensare ad altro che al rischio di non sentirla tornare, quando all'improvviso il corpo che stringeva si irrigidì, e le mani della donna si stringevano sulle sue spalle. Volse il viso a guardarla, e vide che la pelle aveva ripreso quella strana luminescenza traslucida dei vampiri, che gli occhi si erano rifatti profondi ed ipnotici e la vita sovrannaturale dei vampiri era tornata in lei. Le carezzò il viso e le labbra, mentre la donna faceva un debole sorriso.
"E' finito... è finito tutto."
Il mago annuì, incapace di parlare.
"Sei tornata vampira... mi dispiace, Rey..."
"Non fa nulla, Tom... è stato meraviglioso lo stesso..." Chiuse gli occhi, si strinse a lui, posando la fronte alla sua spalla. Sospirò, lo avrebbe fatto se avesse potuto respirare, e rimasero abbracciati, seduti sul pavimento, per un tempo incalcolabile, finché la vampira mormorò qualcosa contro il petto di Tom.
"Cosa?" chiese il mago.
"Grazie" Ripeté la vampira. "Dopo cento anni da vampira, per un giorno, sono tornata viva... grazie a te."
Tom le posò un bacio in fronte, commosso oltre ogni dire, e la sollevò tra le braccia. Sembrava diventata più leggera, quasi svuotata, la posò sul divano e si sedette sul tavolino di fronte a lei, fissandola. Si portò le sue mani, di nuovo gelide, alle labbra e le tenne strette a scaldarsi, mentre la vampira si guardava attorno, annuendo.
"Ora sto bene, Tom... sto bene, non preoccuparti per me." disse, senza guardarlo negli occhi. "Ho solo bisogno di bere e di dormire e poi sarò come al solito."
Il mago annuì, andò a prepararle un bicchiere di sangue puro e glielo portò, senza dire una parola, sapendo quanto fossero inutili, in certi momenti. Glielo mise sul tavolino e poi si sedette sulla poltrona, senza dir nulla, guardandola bere e poi chiudere gli occhi. Attese che si addormentasse, poi la portò in camera e chiuse la porta, dopo averla posata sul letto e coperta.
La mattina dopo, la donna era già partita, quando si alzò. Gli aveva lasciato la colazione pronta e un biglietto.
“Grazie.”

giovedì 30 settembre 2010

Bando minore del pentagramma

Questo rituale è uno dei più praticati in magia, con centinaia di versioni diverse... ma questa è la versione originale, di base. Il suo fine è la purificazione dell'ambiente e dell' "aura" del mago, e può essere usato anche come una sorta di devozione quotidiana, che conduce all'avvicinamento del mago con il divino. Se è usata come devozione, si può fare la mattina usando pentagrammi di invocazione e la sera usando pentagrammi di bando.

I. Toccando la fronte dite Ateh (A Te),
II. Toccando il petto dite Malkuth (Il regno,)
III. Toccando la spalla destra dite ve-Geburah (e il Potere),
IV. Toccando la spalla sinistra dite ve-Gedulah (e la Gloria).
V. Stringendo le mani sul petto, con i palmi verso il cuore, dite le-Olahm, Amen (Nei secoli dei secoli, amen).
VI. Volgendovi verso Est, tracciate un pentagramma (quello della Terra) con lo strumento apropriato (di solito la Bacchetta). Dite (cioè vibrate) IHVH.
VII. Volgendovi verso Sud, fate come sopra, ma dite ADNI.
VIII. Volgendovi verso Ovest, fate come sopra, ma dite AHIH.
IX. Volgetevi verso Nord, fate come sopra, ma dite AGLA (Pronunciate Ye-ho-wau, Adonai, Eheieh, Agla).
X. Tornate a est e tenendo le braccia in forma di croce, dite:
XI. Davanti a me, Raphael;
XII. Dietro di me, Gabriel;
XIII. Alla mia destra, Michael;
XIV. Alla mia sinistra, Auriel.
XV. Perché attorno a me fiammeggia il Pentagramma,
XVI. E nella Colonna sta la Stella a sei raggi.
XVII-XXI. Ripetere da I a V, la Croce Cabalistica.

martedì 21 settembre 2010

Viaggio a Praga - Crossover con Dampyr - fine


Fui aggredito dal vampiro, emerse dalla parete di fronte alla pietra che i ragazzi avevano eletti ad altare. Vi era una specie di nicchia, nascosta da una specie di paravento d'edera, e dentro era nascosto questo essere che pareva un mix tra il mago cattivo dei fumetti ed un frate zombie. Vestito di un saio nero sdrucito, emerse in tutta la sua bruttezza, denti e zanne sguainati, mi aggredì mentre passavo davanti alla sua nicchia, quasi avesse sentito che mi avvicinavo. Sentii le sue unghie affondare nel mio petto e feci appena in tempo a urlare uno schiantesimo, lanciandomi all'indietro, quando Tesla giunse in mio aiuto, afferrando il vampiro che il mio incantesimo aveva allontanato da me. Ne emersero altri tre, i giovani che avevo visto nella mente dei loro amichetti, e ci aggredirono. Mentre Tesla si azzuffava con il più vecchio, gli altri tre si gettarono su di noi, ed uno venne distrutto praticamente subito, quando cercò di mordere Harlan ed ebbe un assaggio del veleno per vampiri contenuto nel suo sangue. Kurjak seccò il proprio con un colpo di pistola in fronte, rapidissimo, e malgrado i miei incantesimi non avessero il potere di uccidere quello che mi attaccava, visto che erano già morti, le pistole dei miei due amici potevano, caricate con i proiettili trattati con sangue di Dampyr, e le creature si dissolsero davanti ai nostri occhi, in un lampo. Raggiungemmo Tesla, che ancora si batteva con il più antico del gruppo e vidi per la prima volta il Dampyr in azione. Liberò la propria natura semi demoniaca ed aggredì il vampiro insieme a Tes, combatterono fino a stringerlo in un angolo. Allora il mio amico si avventò sul collo del mostro e lo morse, uccidendolo. Il sangue è conoscenza, per un Dampyr e bevendolo scoprì che vi era effettivamente un guardiano all'interno della torre, a custodire l'anello che cercavamo. Occorreva evocarlo e sconfiggerlo, se volevamo trovare quello che stavamo cercando.
Liberi da questo problema, entrammo all'interno della torre e mi apprestai a evocare il guardiano, tracciando un cerchio protettivo attorno ai miei amici ed un altro attorno a me solo. Volevo vedermela io con la creatura, ero impaziente di usare la mia magia per un buon fine, per una volta.
Il demone si fece vedere immediatamente, in tutta la sua puzza di zolfo, con coda e corna. Cominciammo a combattere a suon di incantesimi, lanciandoci contro lampi colorati di scariche magiche. Diamine, era divertente, pensai, ma un po' meno per i testimoni che assistevano... spaccammo praticamente la torre in due parti, abbattendo una parete, ed in una nicchia scoprii il nascondiglio dell'anello. Me lo feci volare tra le mani, mentre tenevo a bada il demone, e lo infilai al dito, abbattendo ancora un'altra parete della torre, e scoprimmo così di avere altro pubblico.
Dalla boscaglia dietro di noi emersero i paesani, che ci avevano seguito, evidentemente. Urlavano, brandivano fiaccole, come nel peggior film horror sul mostro di Frankenstein. Avevano visto tutto, e credevano avessimo ucciso i ragazzi, spariti mesi prima.
Mi ritrovai letteralmente tra due fuochi. I miei amici erano bloccati dentro il cerchio ed io ero ancora nel mio, per affrontare il demone, ma davanti a noi c'era tutta la marmaglia urlante. Il demone si scagliò sui paesani, ed incurante della mia incolumità lo affrontai uscendo dal cerchio, inferocito.
Sentivo l'anello accrescere il mio potere oltre misura e mi ritrovai a torreggiare sul demone, come se fossi cresciuto di statura per poterlo sovrastare. Riuscii ad aprire il cerchio dei miei tre alleati, perché potessero allontanare la folla, ma ne vennero aggrediti a suon di insulti e minacce, mentre cercavano solo di difendere quella marmaglia ignorante.
Il demone scagliava incantesimi sulla folla, che io riuscivo a deviare, fortunatamente, in un brillar di lampi magici che coloravano la notte di ottarino, poi Kurjak mi si affiancò, scaricando tutto un caricatore nello stomaco del demone, ed io riuscii ad averne la meglio, con un Avada che illuminò il buio con un lampo verdastro, più potente del solito. La creatura cadde di schianto per terra e si dissolse lentamente in una melma giallastra e maleodorante, davanti ai cittadini atterriti. Ma questo non bastò a placare la folla, che ci urlava contro, convinti che fossimo la causa dell'arrivo del demone. Erano maledettamente tanti, e presero Harlan e Kurjak, mentre Tesla li teneva a bada grazie alle sue forze da vampira. Si rivelò nella sua forma demoniaca e ciò li fece inferocire ancora di più.
Era troppo per me. Le urla della folla erano identiche a quelle che troppo spesso avevo sentito nella mia vita, quando ero ragazzino.
Mostri! Demoni! Streghe!
Non ci vidi più dalla furia. L'adrenalina che mi scorreva nelle vene dalla battaglia con il demone non mi faceva ragionare e l'ebbrezza del potere generato dall'anello mi accecavano, così scagliai cruciatus a ripetizione sulla folla, lasciando gente per terra, e riuscii a liberare i miei amici. La marmaglia si disperse, Tesla riuscì a soccorrere i nostri amici, mentre io, furioso, maledivo selvaggiamente i fuggitivi. Li inseguii, animato da una furia incontrollabile, e praticamente li presi tutti, circa una ventina. Li radunai in uno spiazzo tra gli alberi, e torturai con godimento i ragazzetti che avevano capitanato la crociata contro di noi.
Il potere dell'anello mi cantava dentro, ero intossicato, ubriaco di magia. Mi sentivo come al culmine della mia potenza, quando a capo di un gruppo di mangiamorte andavo a massacrare babbani per tutta l'isola di Albione.
Quando ridussi quei maledetti contadini ignoranti ad una massa informe di individui balbettanti e terrorizzati, incrociai lo sguardo di Tesla, che mi aveva raggiunto. Dietro di lei stavano arrivando trafelati i suoi alleati, e mi guardavano esterrefatti, mentre sul viso della vampira aleggiava un sorrisetto divertito. Mi fermai, ansante, rendendomi conto che avevo sulle labbra l'anatema che uccide, pronto a partire verso quei babbani terrorizzati. Dentro di me una voce urlava “UCCIDILI! TUTTI, ANCHE LORO! ORA!” ma una parte di me che era rimasta indietro, non saprei spiegarlo meglio, si fece avanti, e disse NO. Ripresi il controllo di me stesso, faticosamente, combattendo con la volontà assassina che mi urlava dentro ed invece di ucciderli, feci un incantesimo di memoria a tutti i babbani, cancellando loro i ricordi di tutta quella serata di delirio. Li posi sotto imperio, tutti e venti, con una facilità aumentata dal potere dell'anello, li obbligai a tornare alle loro case ed a non tornare mai più alla torre, sopratutto di notte.
Quindi crollai sulle ginocchia, svuotato, respirando pesantemente, con una tempesta nell'anima, tagliato in due tra la sensazione folle e bellissima di ebbrezza che la magia mi aveva dato e l'orrore per quello che avevo sentito riemergere in me, senza osar alzare lo sguardo sui miei amici che si avvicinavano.
“E bravo Lord Voldemort!” esclamò Tesla. “Era così che ti descrivevano ai tempi, sai? Complimenti vivissimi, non credevo fosse vero!”
Harlan mi posò una mano su una spalla, guardandomi con un'espressione di compassione in viso.
“Tom...” mormorò.
Tremavo, e non osavo fissarlo negli occhi. Lui e Kurjak mi aiutarono a rimettermi in piedi e ci dirigemmo alla macchina. Mi ci caricarono di peso, e tornammo a Praga. Mi addormentai, durante il viaggio, e mi svegliai solo quando scendemmo per arrivare a piedi al Teatro. Non dissi nulla, lasciai che fossero gli altri a raccontare l'accaduto, ed io mi infilai sotto la doccia, dove rimasi per almeno mezzora. Fu lì che mi accorsi di non riuscire più a sfilare l'anello dal dito. Era come bloccato, anche se non mi stringeva la carne, ma non riuscivo a sfilarlo. Non arrivava alla nocca, malgrado mi stesse giusto. Tornai sotto, infine, quando mi sentii pronto ad affrontare gli altri e sopratutto Caleb.
“Eccoti.” mi disse l'angelo, quando mi vide arrivare.
“Già... eccomi.” Sospirai. “Io... non so come spiegare...” partii.
“Non c'è bisogno che tu lo faccia, Tom” mi interruppe. “La situazione è chiara. Ma non è successo nulla di irreparabile, per fortuna, anzi, mi pare che si sia risolta brillantemente. Hai solo commesso un errore, amico mio...” Indicò la mia mano. “Ora non riesci a toglierlo, vero?”
Alzai la sinistra, dove l'onice dell'anello spiccava sul candore della mia pelle.
“Infatti.”
“Dovrai tenerlo, ora. Agrippa vi incarcerò un demone di quarto livello, ma solo ponendo una maledizione sull'anello. Chiunque lo avesse indossato sarebbe divenuto custode e guardiano dell'anello, rischiando purtroppo di venirne posseduto e trasformato in demone a sua volta. Quello che hai affrontato e sconfitto era l'ultimo ad averlo indossato, con una mente troppo debole per reggere il confronto con ciò che era incarcerato nel gioiello.”
Guardai Caleb sbalordito.
“Vuoi dire che quel coso era umano, una volta? E che rischio di fare la stessa fine?”
Mi passai la destra sul volto, osservando la sinistra ingioiellata.
“Esatto Tom... ma tu sei molto più potente di quel custode, per cui il rischio è doppio, così come è doppia la tua possibilità di salvezza. Se lascerai che esso prevalga su di te, diverrai un demone molto peggiore di quello che hai sconfitto, mentre se riuscirai a dominarlo, potresti persino trovare il modo di levarti l'anello. Solo, da ora in poi dovrai stare molto più attento a quello che fai. Hai avuto un assaggio di quanto aumenti i tuoi poteri, e di quanto si alimenti della tua rabbia, quando hai torturato e dominato i paesani che vi hanno aggrediti, ma hai anche visto quanto tu sia in grado di dominarti, quando hai deciso di non ucciderli tutti.”
Mi sedetti, cadendo quasi di schianto su una poltrona. Harlan, silenziosamente, mi mise in mano un bicchiere di whiskey, che ingollai senza nemmeno sentirne il sapore.
“Mio Dio...” mormorai. Alzai lo sguardo sui miei amici, smarrito. “Non è possibile, ci deve essere un modo per levarmi questa cosa.”
“Sicuramente c'è, Tom.” disse Harlan, sedendosi accanto a me e posandomi una mano su una spalla. “Non sarai solo, la cercheremo insieme.”
Lo fissai, commosso dalla fiducia che mi riservava. Nei suoi occhi lessi la certezza che non avrei permesso al mio lato oscuro di prevalere su di me, certezza che nemmeno io avevo su me stesso. Tornai a fissar Caleb, incerto.
“Harlan ha ragione, Tom. Ti aiuteremo, stanne certo, e non temere. So quali dubbi ti rodono, ma saprai portare questo fardello senza lasciartene divorare.”
Annuii, come potevo ribattere alle parole di un essere di luce?
Passammo la serata a parlarne, e mi fermai ancora una settimana per approfondire la situazione, leggendo con Harlan e Caleb tutto quello che la biblioteca del Teatro custodiva sull'anello, ma senza trovare nulla che ci aiutasse nell'immediato. Le informazioni sul demone custodito in esso erano scarne, e pochi erano gli indizi sulla sua natura e sull'incantesimo usato da Agrippa per incarcerarvelo, ma Caleb era fiducioso, si diceva sicuro che prima o poi avremmo trovato il modo di levarmelo.
Infine decisi di partire, tanto ci saremmo sicuramente tenuti in contatto ed io dovevo ormai tornare alle mie solite incombenze, tra il faro e la libreria. Tuttavia quando misi di nuovo piede al faro, mi resi conto che qualcosa era cambiato in me, forse per sempre.
Quello che avevo fatto ai babbani che ci avevano aggredito non era stato dettato dal demone che ormai mi portavo dietro, era stata la mia reazione spontanea agli avvenimenti della serata. Sapevo perfettamente che lo avrei fatto anche senza l'anello. Il mio lato oscuro, che pensavo ormai assopito, se non addirittura morto da tempo, era più vivo che mai, e bastava solo la situazione giusta per risvegliarlo. Ma ora più che mai dovevo stare attento.....

Viaggio a Praga - Crossover con Dampyr - seconda parte

Stavolta arrivai con il sole, anche se faceva fresco. L'autunno alle porte stava già facendo sentire le sue gelide dita, e ringraziai di essermi attrezzato a dovere, quando scesi dall'aereo. Harlan mi aspettava al Teatro, dove giunsi a piedi, lasciandomi smarrire nella nebbia che lo celava a sguardi indiscreti. Mi mostrò un paio di libri di cabala che cercavo da tempo e poi mi disse che aveva bisogno del mio aiuto per trovare e distruggere un oggetto estremamente pericoloso, l'anello magico di Cornelio Agrippa.. diceva la leggenda che il mago avesse imprigionato un demone molto antico e potente in quell'anello, che obbediva agli ordini di chi lo portava e donava un potere praticamente immenso.
Ne avevo sentito parlare spesso, durante gli anni, e lo avevo anche cercato inutilmente, ai tempi della mia corsa al potere, perché secondo la leggenda era stato nascosto in una delle case di Lione dove Agrippa aveva vissuto, nel 1500, ma non ero mai riuscito a trovarlo.
Harlan mi spiegò che l'anello era nascosto in un castello diroccato, in un paesino fuori Praga, rinomato per esser stato luogo di una terrificante caccia alle streghe medievale, che era costata la vita a veri maghi e vere streghe... ad Hogwarts si insegna che praticamente tutte le vittime dell'inquisizione erano babbani, perché i maghi riescirono a salvarsi, ma non fu così ovunque... e quel paesino era stato il teatro di uno dei massacri di streghe più sanguinosi della storia, anche per la comunità magica. Con il mio aiuto, contava di rintracciare il luogo in cui Agrippa aveva nascosto l'anello prima di fuggire e distruggerlo, per evitare che cadesse in mani sbagliate.
Accettai. Mi parve una cosa buona da fare, era sicuramente interessante e magari avrei potuto... ah, detesto dirlo, mi ripugna il termine, ma era quello che pensavo. Redimermi, in qualche modo. Sarebbe stato un passo verso una qualche forma di redenzione da tutto quello che avevo commesso nella mia vita. Dalla lunga e sanguinosa ascesa al potere che mi aveva due volte portato alla sconfitta ai sette omicidi che mi pesavano ancora addosso dal mio secondo ritorno, coloro che avevo dovuto uccidere per fuggire e rifarmi una seconda vita. Forse, aiutando Harlan mi sarei in qualche modo pulito la coscienza.
Un altro errore di valutazione.
Partimmo di buon mattino, io, lui Tesla, intabarrata come sempre quando doveva viaggiare di giorno, ed il suo buon amico Kurjak. Scherzavamo, in auto, ridevamo chiacchierando del più e del meno. Sembrava e doveva essere poco più di una scampagnata, nei progetti, non era previsto incontrassimo vampiri. Se ci fossero stati guardiani magici al nascondiglio dell'oggetto, non pensavo avrei avuto alcuna difficoltà a superarli. Non sono il più grande mago oscuro del secolo solo per dire, dopotutto. La giornata era chiara, luminosa e calda, di quelle che ogni tanto il continente regala a queste terre fredde, e ci godevamo la giornata, pensando quasi più a cosa avremmo fatto al ritorno, entro un paio di giorni al massimo che a quello che ci attendeva.
L'atmosfera cominciò a mutare quando arrivammo al paesello. Quattro case, una chiesa dall'aspetto tetro e le rovine di una torre medievale, a poca distanza dal centro dell'abitato. Entrammo nel bar della piazza, per un caffè e per chiedere la strada.
I volti degli avventori erano torvi, ricordo, ci guardarono con diffidenza appena mettemmo piede nel locale, sembrava più una vecchia locanda che un bar moderno, come invece voleva far credere di essere. Il barista ci guardò storto, quando chiedemmo la strada per il torrione, e percepii chiaramente l'atmosfera attorno a noi farsi più tetra e guardinga. Udivo i loro bisbigli, attorno a noi, ci guardavano come se fossimo nemici, e me ne stupii. Mi guardai attorno, e malgrado non capissi perfettamente la lingua, i pensieri erano abbastanza chiari, lessi paura, al sentir nominare la torre. Lessi diffidenza, morte, addirittura.
“Questa gente ha ancora paura delle streghe” commentò Kurjak quando uscimmo dal pub.
“Incredibile ma vero” dissi, “sembra che i roghi li abbiano spenti l'altro ieri, non trecento anni fa.... Questo posto mi inquieta, ragazzi”
“Inquieta anche me, Tom... ci sono energie oscure, in questo luogo, anche se non percepisco la presenza di un Maestro. Ma ci sono i residui di una forza estremamente tenebrosa e pericolosa.” aggiunse Harlan, guardandosi attorno.
“Che simpatico posticino... vediamo di sbrigarci, allora, almeno non ci resteremo più dello stretto necessario!” concluse Kurjak.
Raggiungemmo in pochi minuti il torrione, la strada era poco più di una mulattiera, piena di rovi ed abbandonata. Vi erano tracce scarse di passaggio umano e la torre era palesemente abbandonata a se stessa, vittima per altro di graffitari che l'avevano deturpata con scritte sconce ed addirittura blasfeme... trovammo le tracce di quelli che parevano rituali magici, candele, incenso, segni magici tracciati sui muri...
“Non c'è magia vera e propria...” mormorai, girando attorno al torrione con la bacchetta in mano, mentre profferivo silenziosi incantesimi per rilevare la presenza di magia. “Ci sono venuti babbani, qua, a fare quella misera parodia della magia che è il satanismo acido... rilevo solo festini a base alcolica e ragazzini che declamano frasi senza senso. Harlan, tu che ne pensi?”
Il Dampyr toccò una parete esterna, dubbioso, chiuse gli occhi cercando tracce di presenza vampirica, ma lo vidi scuotere la testa.
“Niente, a parte forse il passaggio in tempi molto remoti di un Maestro, ma troppo dilavati dal tempo per esser determinanti. Potremmo anche aver fatto un buco nell'acqua, a questo punto.... magari l'anello non si trova qui.”
“Hey, venite a vedere questo!”
Era la voce di Tesla, dall'interno del torrione, nella sola stanza più o meno integra della costruzione. Era poco più di un quadrato di pietra, una specie di altare posto al centro della stanzetta, e sul lato a nord recava inciso un sigillo di protezione, piuttosto scrostato. Era antico, non come i graffiti all'esterno, fatti con lo spray, ed all'interno effettivamente non c'era segno di intrusioni, come se i ragazzini che si erano divertiti a venire a provare il senso del brivido schiamazzando nomi di demoni non avessero osato entrare all'interno. Qua l'energia magica la sentivo, e chiaramente. Forte, pulita, estremamente oscura. Molto familiare, oimè, vicina a quella stessa che avevo praticato per molti anni io stesso. Il Dampyr toccò quella specie di altare di pietra ed emise un gemito, alzando immediatamente la mano. Se la portò alla testa, barcollando un attimo ed in un lampo lo sorreggemmo.
“Che succede fratello?” chiese sollecito Kurjak, mentre lo aiutavamo a sedersi per terra, lontano dall'altare.
“Qui la traccia è più forte, un vampiro. Non un maestro, però, o lo sentirei, ma un non-morto, ed anche piùttosto potente. Tom, lo hai sentito tutto questo potere?”
Annuii, stringendo le labbra.
“Sì, amico... parecchio, anche. Dovremo liberarci del vampiro, prima di cercare l'anello. Ma non è solo quello che mi preoccupa. Ci sono tracce evidenti di evocazioni, in questo luogo. Non vorrei ci fosse qualche guardiano.”
“Ci occuperemo anche di quello” commentò asciutto Kurjak, aiutando Harlan a rialzarsi.
Tesla mi battè una mano sulla spalla, e la intuii sorridere dietro al passamontagna che la celava.
“Paura, maghetto? L'ebbrezza della caccia deve esser nuova per te...”
La guardai in tralice, con un mezzo sorrisetto.
“Ti piacerebbe... ho visto i miei bei demoni anch'io, anche se di solito ero io ad evocarli, invece di cercare quelli evocati da altri! Piuttosto, che facciamo ora? Forse sarebbe meglio tornare stanotte, a cercare di stanare quel vampiro, se è ancora qui...”
“Infatti” mi rispose Harlan, ormai ripresosi, mentre tornavamo all'auto. “Ci troviamo un posto dove passare il tempo e cercare informazioni e torniamo stasera, con tutta l'attrezzatura del caso.”

Tornammo al paesello, e prendemmo tempo in una locanda poco fuori dal centro, aspettando l'imbrunire. Ricordo che mi ero portato un paio di testi magici comprati di recente alla fiera, non particolarmente preziosi, ma piuttosto interessanti, e passai quelle poche ore che ci separavano dalla cena a leggere, seduto al bar, mentre cercavo di non sentire Harlan e Kurjak perdersi in un'altra lunghissima discussione di sport. Tesla si era dileguata, per non attirare troppi sguardi con il suo abbigliamento, e fu allora che cominciai a percepire con più chiarezza i pensieri dei paesani nei nostri confronti.
Due ragazzi, un bue alto, bianchiccio, con i capelli rasati e l'aria ottusa ed un ragazzino magro, moro e diffidente, con l'aria malevola ci osservavano e tenevano d'occhio in specifico le mie letture. Le copertine dei libri avevano subito la moda di alcuni editori fanatici che riempivano le copertine di simboli, quasi a voler sottolineare quanto il contenuto fosse magico ed esoterico, anche quando si trattava di banali almanacchi, e questi due libretti, per altro semplici testi di paganesimo e misticismo, erano decorati di sigilli e pentacoli come libri di magia delle favole. Mi misi oziosamente a scrutare nelle menti dei due ragazzi, e quello che vi trovai non mi piacque affatto. Erano parte del gruppetto che aveva celebrato rituali pseudo magici al torrione, con altri tre, e vidi chiaramente il ricordo di un evento spaventoso, l'apparizione di quello che doveva essere il vampiro guardiano della torre, il quale li aveva aggrediti e ne aveva catturati tre. Il duo superstite era stato accusato inizialmente di omicidio, ma visto che i corpi non erano stati ritrovati e c'erano stati avvistamenti dei tre scomparsi nelle città vicine, e dai loro ricordi era palese che si fossero drogati in abbondanza prima del presunto rituale, la polizia aveva ritenuto che i ragazzi fossero solo scappati di casa, e non che fossero stati uccisi. Ma percepivo chiaramente che ne avevano parlato in paese, a tutti, spaventando a morte i paesani, memori delle leggende sulla torre.
I bisbigli che scambiavano non li capivo perfettamente, ma i pensieri che rimbalzavano dalle loro menti erano chiari, ci avevano presi per pseudo satanisti come loro, e la loro ostilità era come un'onda di cattivo odore, per me. Chiusi i miei libri, riponendoli in borsa, e quando tornò Tesla, libera grazie al tramonto del sole dal suo abbigliamento diurno, raccontai sottovoce quello che avevo sentito agli altri.
“Pare interessante... forse potremmo farci raccontare la storia da qualcuno” Propose Kurjak.
“Già... magari il barista ne sa qualcosa?”
Harlan andò ad attaccare bottone al barista, spacciandosi per scrittore ed esperto di folklore in cerca di storie interessanti, ma non ottenne molto, a parte di aumentare gli sguardi diffidenti verso di noi e l'ondata di ostilità che percepivo.
Mangiammo qualcosa e poi ci affrettammo a ritornare alla torre, dopo che i miei due amici ebbero discretamente prelevato le armi dall'auto.
Ci fermammo all'esterno, davanti a quel puerile tentativo di altare blasfemo che quei ragazzetti avevano eretto, cercando tracce, ed estratta la bacchetta mi accinsi a fare esami più approfonditi all'aura magica del luogo. Harlan faceva altrettanto, mentre gli altri due perlustravano le rovine.

sabato 18 settembre 2010

Viaggio a Praga - Crossover con Dampyr

Praga la magica... mi accolse sotto la pioggia scrosciate la prima volta che la vidi, più di cinquant'anni fa. Fu una delle mie prime mete, dopo aver lasciato Londra ed Hogwarts, quando partii per le mie ricerche sulla magia oscura in tutto il mondo. È rinomata per essere uno dei vertici del triangolo di magia bianca, con Lione e Torino, la quale fa capo all'altro triangolo di magia nera, che comprende Londra e San Francisco, ed intendevo visitarle tutte quante. Girai per i vicoletti, sopratutto di notte, armato di rilevatori magici, per trovare le tracce degli antichi maghi e alchimisti che avevano abitato per quelle strade, volevo vedere il luogo ove era stato creato il Golem, e fu una visita estremamente produttiva, conclusa tuttavia in maniera piuttosto imprevista.
Ne venni letteralmente scacciato, da un'entità che non mi sarei mai aspettato di trovare e che non sarei mai stato in gradi di affrontare. Un angelo, Camael, il protettore di Praga, quando cominciai ad effettuare esperimenti che avrebbero alterato l'equilibrio magico della città, si manifestò e mi ingiunse di andarmene con le buone, o ne sarei stato esiliato con le cattive.
Non me lo feci dire due volte, sinceramente. Volai a Lione, dove rimasi ben più a lungo, senza dare troppo nell'occhio, poi mi diressi a Torino, e da lì a San Francisco, per poi proseguire verso altre mete, troppo estese da narrare in questa sede. Pensavo che non avrei mai più messo piede a Praga e non avrei mai incontrato di nuovo Camael, ma mi sbagliavo, come è accaduto sovente, nella mia vita.
Ci tornai dopo il mio secondo ritorno, mentre vagabondavo per il mondo in cerca di un luogo dove stare, pensando che questa volta, se non mi mettevo a far strani incantesimi, non avrei avuto motivo di incappare ancora in Camael, ma lo incontrai di nuovo, in circostanze stranissime.
Ricordo che uscivo da un pub, dove ero andato a cenare, quella sera, e come al solito pioveva. É una città che acquista fascino sotto la pioggia, per cui, malgrado l'acqua e l'ora tarda, mi lasciai vagabondare per il centro, osservando le luci dei lampioni riflettersi sulla Moldava battuta dalla pioggia, senza pensare a nulla, notando a mala pena i rari passanti che cercavano di ripararsi.
Fu lei a notarmi. La vidi venirmi incontro, e quando fummo a poca distanza, mi guardò sbalordita, per chiedermi qualcosa in una lingua slava che non conoscevo. La guardai perplesso, perché sembrava riconoscermi, e le sondai delicatamente la mente per capire chi fosse, e come potesse riconoscermi, visto che da quando avevo ritrovato il mio volto ero tornato anonimo, e quello che vidi nella sua mente bastò a lasciarmi di stucco. Era una vampira. Molto bella, anche se estremamente androgina, con cortissimi capelli biondi, occhi trasparenti e fisico statuario. Misi mano alla mia bacchetta, pronto a difendermi, se si fosse azzardata ad aggredirmi, e dissi, in inglese: “Non capisco quello che dici”.
“Tu non sei Harlan...” fu il suo commento, in un inglese molto fluido, anche se fortemente accentato. “Ma gli assomigli come una goccia d'acqua!”
Mi guardava sbalordita e cercò di girarmi attorno, come se volesse osservarmi con attenzione.
“Davvero?” commentai, asciutto.
“Incredibile... sembrate fratelli! Sei più magro e forse un pelo più basso di lui, ma...” Allungò la mano per toccarmi, e d'istinto gliela afferrai. In un lampo la ragazza percepì la mia reale natura, e mi guardò ancora più stupefatta.
“Un mago? Tu saresti un mago? Ma non è possibile... tu devi incontrare Harlan!” esclamò.
“E chi sarebbe questo Harlan, sentiamo... un vampiro come te?”
Ribattei duramente, estraendo la bacchetta, pronto a combattere.
“Mi spiace ma non ho nessuna intenzione di diventare la vostra cena di stasera!”
La ragazza mi lasciò di stucco, alzando le mani e sorridendo.
“Stai tranquillo, ora che ti ho visto meglio, non ho intenzione di berti, per stasera... ma Harlan non è un mago... è...” esitò “un mio amico. E ti assomiglia come una goccia d'acqua!”
“Non vedo perché dovrei incontrare qualcuno solo perché gli somiglio.” commentai, diffidente. Non era il primo vampiro che incontravo e sapevo benissimo quanto fossero pericolosi, per certi versi più dei licantropi, visti i poteri ipnotici di molti di loro, senza parlare della loro costante sete di sangue. Erano predatori, laddove i licantropi spesso erano solo vittime di una tragica maledizione.
La ragazza incrociò le braccia, inclinando la testa da un lato, quasi stesse studiandomi. Non potei fare a meno di pensare che era bellissima, e se non fosse stata una vampira probabilmente il pensiero di esser stato abbordato per strada in quella maniera mi avrebbe lusingato. Rimase a guardarmi dubbiosa, poi allungò la mano e si presentò.
“Mi chiamo Tesla” mi disse “non sono una vampira come le altre... non hai nulla da temere da me, te l'ho detto. Come ti chiami?”
Esitai... scrutai nei suoi occhi e decisi che potevo provare a fidarmi, per una volta. Rinfoderai la bacchetta ed allungai la mano, schermando la mia mente da eventuali intrusioni.
“Tom” risposi, dandole la mano. Ed allora, quasi avesse deciso lei di mostrarmelo, vidi il volto della persona di cui mi parlava e restai di sasso. Quell'uomo mi somigliava veramente tantissimo. Lei rise quando vide la mia espressione.
“Che ti prende?” chiese.
“Io... credo di aver visto il tuo amico..” mi sfiorai la fronte “stavi pensando a lui e... santo cielo, è vero, siamo quasi identici!”
“Infatti. E credo sia una coincidenza molto significativa che voi due vi somigliate, visto quanto siete entrambi diversi...”
La guardai interrogativo.
“È un mago anche lui?”
“No, non direi... ma è speciale. Credo che valga la pena di fartelo incontrare. Ti fidi di questa vampira abbastanza da venire con me, ora?”
Sospirai, poi feci un sorrisetto.
“Ma sì. Non ho di meglio da fare, stasera... vediamo, fammi conoscere il tuo amico!”

Fece una telefonata, ricordo, e venimmo raggiunti da Harlan Draka in un pub aperto tutta la notte.
Fu una serata stranissima.
Quando mi trovai di fronte Harlan scoppiai a ridere.
“Mio Dio...” esclamai “Ma è vero, sei identico a me!”
L'uomo, più basso di me di pochi centimetri, ma decisamente più muscoloso, mi guardò perplesso, osservandomi attentamente.
“Peste... semmai sei tu che assomigli a me!” Rise a sua volta.
Ci mettemmo a studiarci reciprocamente, cercando somiglianze e differenze, davanti ad uno specchio nel locale. All'epoca avevo i capelli più lunghi di ora, avevamo quasi lo stesso taglio, e quella sera, somma coincidenza, avevamo praticamente la stessa giacca, un pesante giaccone da marinaio color blu notte. Un uomo d'azione ed un topo di biblioteca, ma quasi con la stessa faccia, a parte la sua mascella più quadrata ed il mio naso più prominente. Stessi occhi, stesso sguardo di chi ha visto troppo e non ha piacere a ricordarlo. Nulla da stupirsi che persino Tesla, da lontano mi avesse preso per lui.
Ci stringemmo la mano e prendemmo un paio di birre.
“La tua amica dice che sei speciale...” chiesi, dopo aver brindato all'incontro.
“Anche tu, a quanto mi ha detto” rispose, sorridendomi.
“Già... sono un mago”
“E non un mago qualunque” disse una voce alle mie spalle.
“Caleb!” lo salutò il Dampyr. “Questo è Caleb Lost, un mio caro amico”
“Sì. Ci conosciamo.” risposi asciutto.
“Certo... Lord Voldemort.” Mi si sedette accanto, scrutandomi. “Ma ora so che non ti fai più chiamare così, vero?”
“No, infatti”
“Un momento... Quel Lord Voldemort?” Chiese Tesla, fissandomi con gli occhi spalancati. “Sei leggendario anche tra i vampiri.. ma dovresti esser morto!”
Ricambiai lo sguardo, imbarazzato. Era la prima volta, da quando ero tornato, che qualcuno mi identificava e non sapevo che raccontare. Bevvi un sorso di birra, per prendere tempo.
“Sono io, sì. E per strano che possa sembrare, sono stato riportato in vita. Contro la mia volontà, aggiungerei.”
Per la prima volta dal mio secondo ritorno, mi trovai a raccontare la mia storia, o almeno, il seguito di essa, che nessuno conosceva ancora, senza nascondere nulla, nemmeno i sette omicidi che avevo commesso per fuggire. Sarebbe stato inutile negarli, Camael, o Caleb, come lo conoscevano i suoi amici, avrebbe facilmente potuto leggerli nella mia mente.
Curiosamente non ne furono particolarmente stupiti, e non percepii alcuna condanna dall'angelo. Spiegai che non avevo nessuna intenzione di tornare ad essere quello che ero stato, che mi stavo cercando un altro posto nel mondo, e pensavo sarei stato scacciato nuovamente da Praga, ma Caleb guardò in profondità nella mia anima, trovandovi più speranza di quanto ne avessi io stesso per me.
“Lo vedo” mi disse. “Sento che hai di nuovo un'anima umana, completa, malgrado quello che hai fatto. È da quando sei arrivato a Praga che ti percepisco, e non hai fatto nulla per la quale potessi incappare di nuovo nei miei avvertimenti, anzi, percepisco molto smarrimento in te... Stai cercando qualcosa.”
Annuii, incerto. Non avevo ancora compreso che cosa stavo cercando e mi sentivo perso, senza scopo. La mia sola compagnia era Cletus, e giravo senza meta per l'Europa, alla ricerca di un senso alla mia vita che non sapevo più darmi. Sviai il discorso sulla strana combriccola di un umano, una vampira senza maestro ed un angelo, e mi sentii raccontare una storia anche più strana della mia.
Scoprii allora l'esistenza di una creatura che credevo appartenesse solo alla mitologia, il figlio di un vampiro maestro e di un'umana. Un Dampyr, il solo in grado di uccidere i maestri, grazie al suo sangue. Mancava solo un compagno, al gruppo, e lo avrei conosciuto presto, quando mi proposero di andarli a trovare al Teatro dei Passi Perduti, Emil Kurjak, ex combattente cetnico, conosciuto da Harlan ai tempi in cui stava ancora scoprendo quello che era realmente. Ricordo che risate si fece, la prima volta che vide me ed Harlan insieme, ed anche la sua prolungata diffidenza nei miei confronti, quando seppe la mia storia.
Venni ospitato al Teatro dei Passi Perduti, e vi restai per diverse settimane, ospite di Harlan e dei suoi amici, senza finir coinvolto nella loro caccia ai vampiri ed ai demoni solo per una curiosa coincidenza. Ruppi la bacchetta, nella più stupida delle maniere, lasciandoci cader sopra la mia valigia, e ci volle molto tempo per rimpiazzarla, e fu allora che con Caleb ritrovai l'allenamento e la disciplina per praticare la magia anche senza di essa. Quando tornai in possesso di una bacchetta, mi resi conto che ormai mi era quasi superflua, ed avevo nel frattempo finito con il guadagnarmi la loro amicizia.
Decisi di ripartire dopo sei mesi in loro compagnia, perché mi sentivo scalpitare dall'inquietudine, e non volevo restare in Europa troppo a lungo. Qualcosa di profondo mi chiamava altrove, forse solo la mia irrequietudine e l'incapacità di bastare a me stesso. Senza contare che mi sentivo assurdamente fuori luogo, tra loro, in mezzo a tutto il cameratismo che li vedevo condividere. Tuttavia, restammo in contatto, durante tutti i miei vagabondaggi, e quando aprii la libreria con Richard, ricevetti una lettera molto spiritosa di Harlan, che mi dava il benvenuto nel club dei librai.
Per questa ragione, e non per altro, mi ha invitato di recente a Praga, per un convegno tra librai antiquari, a cui lui stesso, malgrado la sua libreria sia piccolissima e niente meno che una copertura per il suo lavoro reale di Dampyr, avrebbe partecipato. L'occasione era ghiotta, visto che ci sarebbero stati anche diversi contatti e la possibilità di acquistare libri rari, tramite scambi con i colleghi. Non me lo feci ripeter due volte, senza contare che era parecchio che non tornavo più in Europa, e cominciavo a sentir la mancanza del vecchio continente.
Forse, visto quello che accadde, avrei fatto meglio a restarmene a casa.



Segue....

sabato 28 agosto 2010

Un nuovo inizio.

Un giorno, caldo, estivo ma ventoso, tornò a farsi un giro a Lantern Square, il quartiere magico di Nantucket. C'era il mercato, che attirava venditori da tutta la costa del Massachussets, da Boston a Salem, e Tom vagava tra le bancarelle, osservando vagamente interessato la profusione di mercanzia bizzarra che veniva esposta e scambiata. I negozi erano tutti aperti, la gente passava dal mercato alle vetrine, comparando i prezzi, chiacchierando.... Vi erano anche molti turisti magici, arrivati per il week end, attirati dal mercato e dal bel tempo che regnava sull'isola, rendendola più bella che mai. La luce sembrava talmente intensa, colorata leggermente di ottarino, il colore della magia che solo i maghi possono percepire, da rendere tutto più tridimensionale, più reale, in qualche modo... il chiacchiericcio della gente era stranamente sommesso, come se nessuno osasse disturbare la bella giornata facendo chiasso. Il profumo di salsedine ricordava a tutti la vicinanza con il mare, e parecchi banchi vendevano pesce fritto e patatine, riempiendo col profumo di cibo l'atmosfera già satura di odori.

Tom si sedette su una panchina a guardare i passanti, un lieve sorriso sulle labbra, divertito dal gioco intimo di immaginare le storie di ognuno, lasciando le briglie sciolte alla propria telepatia, per verificare se le sue congetture erano azzeccate o meno, quando vide passare il rigattiere, quello da cui aveva comperato il baule che gli aveva riservato tutte quelle sorprese.

Era preoccupato, non guardava dove andava e pareva molto agitato. Si sedette sulla sua stessa panchina, senza quasi notarlo. Tom restò in silenzio, senza turbare il flusso dei pensieri dell'altro, talmente tumultuosi che stava per chiudere la propria mente, per non esserne disturbato, quando lo sentì chiaramente pensare che avrebbe dovuto vendere il proprio negozio, se non trovava qualcuno che lo aiutasse a pagare quelle dannate tasse arretrate. Doveva trovare un modo... forse un socio, qualcuno che fosse interessato a rilevare una parte del negozio, a cui magari lasciare un po' di lavoro, visto che ormai diventava vecchio e non aveva nessuno a cui lasciarlo, di lì a non molto...

Tom si girò a guardare il negoziante. Era anziano, ed effettivamente non doveva aver ancora molti anni di lavoro, davanti. Continuò ad ascoltarne i pensieri... l'uomo stava considerando che pagare quelle tasse avrebbe voluto dire restare sul lastrico, senza la possibilità di tenere il negozio e con nessuna prospettiva di pensione, visto che tutti i suoi risparmi sarebbero finiti in quella maledetta tassa.

“Richard, amico mio...” lo richiamò Tom alla realtà “La vedo preoccupato...”

Aveva passato molto tempo a parlare con il mago, quando lo andava a trovare in negozio, poiché erano entrambi appassionati lettori e collezionisti di libri rari ed antichi, e gli aveva spesso trovato delle rarità estremamente interessanti. Erano diventati amici, in qualche modo, e spesso ormai Tom passava al negozio semplicemente per andarlo a trovare e far due chiacchiere.

L'anziano negoziante sobbalzò, sorpreso.

“Tom!” piegò le labbra in un amaro sorriso che non raggiunse gli occhi. “Perdoni, non l'avevo nemmeno vista...” sospirò, grattandosi i folti capelli bianchi. “È vero.. sono molto preoccupato.”

Gli raccontò succintamente ciò che Tom aveva già letto dalla sua mente, ed il guardiano del faro ascoltò con interesse, annuendo comprensivo. Un'idea, quasi solo un'intuizione cominciava a prender corpo nella sua testa. Nei suoi viaggi aveva recuperato sempre molti tesori, tanti dei quali erano rimasti dove lì aveva lasciati, ben custoditi dai suoi incantesimi, fin dai tempi della sua ascesa al potere. Oggetti magici antichi e moderni di inestimabile valore, gioielli, libri antichi e potenti... insomma, nascosto in giro per il mondo, l'ex Signore Oscuro aveva un cospicuo tesoro a cui aveva raramente attinto, dal suo ritorno, solo per quel poco che gli era stato necessario per viaggiare senza particolari lussi. Era tuttavia in grado di mettere insieme molti soldi, in poco tempo, molto di più della somma di cui aveva bisogno l'anziano rigattiere a dire il vero... ma non era necessario che l'altro lo sapesse. Parlò a lungo con il mago, cercando di rassicurarlo che avrebbe trovato certamente un modo per uscire dai suoi guai.. e che talvolta gli aiuti arrivano dalla fonte più inattesa, e poi tornò al faro, con il cuore più leggero. Un'idea gli cresceva nella mente... ed una speranza gli crebbe nel petto. Macinò pro e contro per qualche giorno, e poi tornò al negozio, una mattina, di lunedì.

“Richard, credo di avere una buona notizia per lei, se la vuol sentire...” esordì sorridendo.

Inventò li per lì di aver dei soldi da parte, circa la metà della somma di cui l'altro aveva bisogno... e si propose come socio.

L'anziano mago accolse la prospettiva con gioia, quasi si commosse, all'idea di aver trovato il modo di risolvere i suoi affanni, sollevato che il possibile socio fosse almeno una persona colta, dotata dei suoi stessi gusti ed interessi. Si accigliò solo all'idea di Tom di organizzare un settore per i libri antichi più ampio di quello di cui disponeva attualmente, ma decise di acconsentire, quando Tom promise che se ne sarebbe occupato personalmente, affiancandolo nella gestione del negozio... il che avrebbe significato dividersi gli stressanti orari di lavoro, che il canuto commerciante cominciava a trovare pesanti e faticosi, ormai. Senza contare che questo avrebbe concesso a Tom di potersi distrarre da se stesso, per occuparsi di quella che poteva considerare un'altra delle sue grandi passioni.. i libri.

L'accordo fu discusso in lunghe serate di chiacchiere, al pub magico di Nantucket, con la supervisione di Jones, il proprietario, che pareva averli adottati entrambi e si prodigava in consigli e suggerimenti. Decisero di allargare il negozio per potervi aggiungere il lato bibliotecario, e Tom si prese una settimana per andare a svuotare uno dei suoi nascondigli dal tesoro che conteneva, prevalentemente gioielli magici, che vendette anonimamente a New York, presso l'asta nel quartiere magico nascosto a Central Park, e riportò non solo i soldi necessari all'investimento, ma anche una cospicua riserva di libri magici ed oggetti antichi per il negozio, sostenendo che facevano parte di un'eredità.

Pochi giorni dopo la ratifica della nuova società, i due maghi chiusero il negozio ed a suon di bacchette si divertirono a rinnovarlo, allargandolo di parecchio per contenere il lato dedicato ai libri antichi, e rinnovando il lato per l'antiquariato. Non ci misero molto ed il locale pareva brillare di luce propria, quando terminarono.

Ora non restava che organizzare l'inaugurazione...

giovedì 26 agosto 2010

Dal diario di Tom - Nera Signora.

Oh Nera Signora... che accogliesti i brandelli della mia anima tormentata per farne di nuovo un'insieme da rappezzare e curare... Madre dei viventi, che accogli coloro che tornano a te dopo i tormenti della vita e li consoli... Divoratrice dei mortali, a cui fui strappato ingiustamente da maghi ignoranti e crudeli.. torna a prendermi. Ti prego, torna a prendermi. Non mi lasciare ancora a lungo in questo crudele tormento... vieni a lenire il mio dolore, portami di nuovo dove tutto questo acquista un senso, dove le mie ferite vengono curate, dove posso scegliere se dissiparmi nel silenzio o provare a ricominciare altrove senza la memoria del dolore inflitto e provato. Levami questo involucro che ormai contiene solo ricordi ed è svuotato di ogni speranza.
Io... mi ricordo dov'ero prima. Per quello non cerco più l'immortalità. So cosa mi attende e non ne ho più paura. Non credete a chi vi parla di paradiso ed inferno, di punizione e premio per i buoni, non è così. Quello che incontrate di là... dovrei essere uno scrittore molto migliore di quello che sono per riuscire a parlarne. Forse dovrei essere un poeta, o un mistico, o un filosofo, ma non sono nessuna di queste cose.
Sono un mago, ed a mala pena un uomo.
Posso solo dire che quello che ho incontrato dall'altra parte sono stato io stesso. Nella mia interezza, mi sono per la prima volta in vita mia guardato completamente, luce e buio, senza illusioni, senza convinzioni, senza altro che uno sguardo imparziale. Ho visto me stesso, completamente, nudo ed integro, per quello che sono stato.
Posso dire che è stato terribile.
Ma non crediate che sia così perchè sono stato un uomo cattivo... e che se siete buoni, vedere voi stessi vi piacerà, perchè non è così. Vedere se stessi in quel modo fa male a chiunque, credetemi, lo so. L'ho visto. Mi è stato spiegato. Perchè vedete, quello è il primo passo per esser guariti. bisogna vedere la propria Ombra. Ognuno di noi ha un'ombra, anche l'uomo più buono.. e per molti che si credono buoni può anche esser più doloroso di quanto lo è stato per me, incontrare la propria Ombra, se si è vissuti a lungo coltivando l'illusione di non averne. Almeno io sapevo che c'era molto di oscuro in me... ci avevo sguazzato, nella mia tenebra, l'avevo lasciata uscire, l'avevo fatta giocare... quello a cui non ero minimamente preparato non era la mia ombra, no... era la mia parte più fragile, il bambino che ero stato. Capirlo, guardarlo e provare compassione per quello che avevo vissuto, questo è stato doloroso.
Ognuno di noi si ferisce, in questa vita, e quello che c'è oltre è guarigione. Un lungo e doloroso processo di guarigione e cura, tanto più lungo e doloroso quante più sono le ferite che ci si porta dalla vita. Serve a guarire.. ed a trovar la voglia di ripartire con un altro giro di giostra. Ma come funziona oltre non lo so. Mi hanno strappato da quel posto e riportato qui che ero a mala pena agli inizi del mio percorso. Ma ci sono guaritori, e compagni di viaggio, oltre, con cui si condivide la cura... e sono i personaggi più strani. Ti vengono ad accogliere, appena varchi la soglia e ti aiutano a rimettere insieme i cocci dopo che hai visto te stesso.
Io sono stato aiutato da Silente... proprio lui, già.
E' venuto da me, come fece una volta in orfanotrofio.
Me lo ricordo come se fosse successo oggi, sapete? Quell'uomo alto, che aveva negli occhi e nel modo di muoversi qualcosa che non avevo mai visto in nessun altro. Ciò che mi disse è stato il ricordo alla base del mio patronus per gran parte della mia adolescenza. Ero un mago.... era la ragione per cui ero diverso da tutti gli altri. E c'era un posto dove quelli come me erano normali. E mi avrebbero accolto tra di loro, come un loro pari.
Non mi importava eccellere, inizialmente, fu solo dopo esserci arrivato che mi resi conto di esser migliore di tutti gli altri. Pian piano mi accorsi di quanto erano estesi i miei poteri, studiando, esercitandomi. Se ne rese conto anche Silente, e lo vidi preoccuparsene, progressivamente. Io esultavo.
Si è detto che lo temessi. Non è vero, non l'ho mai temuto. Sapevo ciò di cui era capace, e quando sono arrivato al suo livello non l'ho mai sfidato direttamente per puro e semplice rispetto. Potete anche non credermi, ma io stimavo quel vecchio mago, anche se si divertiva ad insultarmi chiamandomi con il mio nome babbano. Oh, si, sappiatelo. Era un deliberato insulto e lo faceva apposta. Non era un santo, il vostro Silente. Mi comprese rapidamente, a scuola... sapevo che mi teneva d'occhio, ed io tenevo d'occhio lui. Posso dire che è stato una delle motivazioni per eccellere, il suo sguardo. La vivevo come una sfida, volevo dimostrare a quell'uomo, che faceva tanta mostra della sua dolcezza e bontà, che potevo essere bravo quanto lui malgrado la mia freddezza e sostanziale amoralità.
Era una sfida tra arroganti, e lo eravamo entrambi, per motivi ed in modi diversi.
Silente sapeva perfettamente di essere uno dei più grandi maghi mai esistiti e sapeva benissimo che non era ancora arrivato nessuno in gradi di rivaleggiare con lui, finchè non conobbe me e mi vide evolvere, sotto i suoi occhi. Era impressionato dalle mie capacità. Ci sono sempre stati studenti brillanti a Hogwarts, ma nessuno, a parte lui, come me, nella nostra epoca. Lumacorno mi aveva accolto nel suo Lumaclub, come amava chiamarlo, ma in realtà era proprio con Silente che avevo il rapporto più stretto, anche se ci parlavamo solo stretto indispensabile. Lumacorno era solo un vanesio opportunista, un arrampicatore sociale con pochi meriti, si aggrappava ai ragazzi di talento che incontrava per mantenere il prestigio che il suo potere non bastava a garantirgli. Era possibile sfruttarlo, cosa che Silente non permetteva.
E di nuovo, fu lui a venirmi incontro, quando varcai la Soglia, ad Hogwarts, ucciso dalla mia stessa bacchetta e dalla cecità del mio odio. Eravamo in una specie di atrio nebbioso, che divenne la stazione di King's Cross, man mano che mi abituavo al posto e riuscivo a mettere a fuoco l'ambiente, ma ci vollero quelle che mi parvero ore, perchè ciò accadesse. Al vederlo fui sopraffatto dall'orrore e dalla rabbia.
Urlai, gridai come un ossesso, cercai di usare ancora la mia bacchetta. Lo aggredii a parole, non potendo usare altro. Lui lasciò che vomitassi tutto il mio odio, attese fino a che smisi, stremato.
Fu allora che mi resi conto di esser morto.
Ero integro, mi guardai, mi toccai il viso, come avevo fatto quando Codaliscia aveva ricostruito il mio corpo e lo ritrovai intatto. Naso, capelli, pelle rosea e non più bluastra e scagliosa.
"Ho perso, vero?" chiesi in un bisbiglio.
"Si, Tom, hai perso." mi rispose. E per la prima volta, nel pronunciare il mio nome, non vi colsi alcuno scherno. Lo usò in maniera neutra, solo per darmi un nome.
Mi portai le mani al viso, cercando di trattenere le lacrime... di rabbia, di delusione, di dolore. Sentii un gemito prorompere dal mio petto, mi piegai su me stesso, straziato da un dolore inenarrabile.
"Ho fallito..." mi sentii mormorare, con voce irriconoscibile. "Ho fallito, ho fallito, ho fallito... è stato tutto inutile! Inutile..."
Fui nuovamente preso dalla collera, piansi, gridai, non so per quanto tempo. L'atmosfera attorno a me divenne nera, come la notte, fantasmi mi giravano attorno come Dissennatori, stringendomi in una morsa fredda e divoratrice. Vidi i Dissennatori nella loro forma reale, quella che hanno nell'altro mondo, e compresi che in realtà non esistono... sono nostre proiezioni, sono le nostre paure più grandi, siamo noi a nutrirli. E si nutrirono di me. Mi divorarono, facendomi vedere di nuovo tutta la mia vita, nei suoi momenti più angosciosi. L'orfanotrofio e tutto l'orrore di abbandono e rifiuto di me stesso che ci avevo vissuto, gli anni della ricerca del potere, in cui man mano mi svuotai di umanità, la prima ascesa al potere, quando cominciai io stesso a nutrirmi del terrore che incutevo, al pari di un Dissennatore. La mia prima sconfitta e tutti gli anni ad attendere di poter ritornare, e poi quel breve barlume di illusione che era terminato a Hogwarts. Mi rividi con chiarezza, come se fossi spettatore di me stesso, mi guardai per la prima volta da fuori ed ebbi orrore di me stesso, di quello che avevo scelto di diventare. Vidi le persone che avevo incontrato e per la prima volta in vita mia mi accorsi che qualcuno aveva persino cercato di amarmi, in qualche momento della mia vita. Qualche ragazza, a scuola, qualche amico... i primi che avevo allontanato. Persino Silente, in qualche momento, mi aveva guardato con sincero affetto. Ed io non lo avevo compreso.
Non so quanto tempo passò. Oltre il velo il tempo non esiste, è un concetto che esiste solo di qua. Mi ritrovai nuovamente a King's Cross, sdraiato per terra a braccia aperte, con l'anziano mago seduto sul pavimento accanto a me, e mi guardava paziente. Ero ansimante, il volto bagnato di lacrime.
"Cosa faccio ora? Che cosa mi aspetta?" chiesi con un filo di voce.
"Quello che sceglierai, Tom. Come di là, sei tu a scegliere. Puoi restare qua a guardare quello che sei stato ancora, oppure puoi scegliere di andare oltre, e provare a liberarti del dolore che hai vissuto." mi disse, semplicemente.
Mi girai a guardarlo, perplesso.
"Non ci sono punizioni?" Chiesi. Le suore cattoliche mi avevano riempito la testa dell'idea di punizione, e malgrado per tutta la vita non ci avessi creduto, ora quasi me la aspettavo.
"Se le vuoi, ci sono anche quelle.... ma mi pare che la tua vita terrena ti abbia punito abbastanza, non credi?" Mi disse Silente sorridendo. Ed in quel sorriso riconobbi l'affetto, per la prima volta. "Puoi restare a guardarla, di nuovo e di nuovo, se lo desideri. Questa mi pare già una punizione sufficiente..."
Scossi la testa, debolmente.
"No..." mormorai. "Non ne posso più di me stesso. Ma quali altre scelte posso fare?" Cominciai a tirarmi su, aiutato dal mago. Mi sentivo esausto, eppure non provavo dolore fisico... era come se il mio corpo ci fosse, ma non provavo più nulla. Tutto il dolore che sentivo era emotivo, ed era più intenso di quanto avessi mai sentito in tutta la mia vita. Mi bruciava, mi pesava, mi annichiliva. Mi appoggiai a Silente, come se non fossi in grado di reggermi in piedi, e Silente mi resse senza sforzo, come se non pesassi nulla.
"Questo è solo un punto di passaggio, Tom." mi spiegò. "Questo è il luogo dove lo spirito e la materia si incontrano, è la sfera dell'illuminazione. Qui sei al centro del tuo petto, Tom, puoi scegliere il resto della tua strada. Se tornare subito indietro, e rischiare di fare un altro giro di ruota senza comprendere gli errori fatti oppure provare a proseguire, bruciando ogni cosa e ricominciando in altro modo."
Il luogo in cui eravamo cominciò a trasformarsi. Luci dorate e rosate brillarono in quello che pareva un cielo, mentre una sensazione di calore e di luce cominciò ad invadere il mio cuore e la mia mente. Di fronte a noi vidi un albero, e legato perfettamente in mezzo vi era un uomo, capovolto, a cui un corvo stava beccando via un occhio. Eppure l'uomo rideva, esultante, come se non sentisse dolore. Riconobbi immediatamente quello che vedevo e compresi. Dovevo sacrificare me stesso, quello che ero, dimenticarlo, ed allora avrei potuto ricominciare altrove. Abbandonare me stesso, tutto quello per cui avevo combattuto e creduto. Non fu facile. Per quanti errori avessi commesso, mi era costato tutto quello che avevo, immensi sacrifici, dolori, fatiche... non ero disposto a lasciare andare tutto quello che avevo fatto come se nulla fosse. Ma non volevo assolutamente rivivere di nuovo tutto quel dolore, solo allora comprendevo che era troppo, ingiusto, immeritato, per me e per tutti coloro che mi avevano avvicinato e lo avevano subito.
Fu allora che avvenne.
Il dolore si alleggerì, Silente accanto a me divenne un bambino, sorridente, mi prese per mano, mi guidò accanto all'albero, dove guardai con attenzione il viso dell'uomo legato, riconoscendomici. Ero io, e l'esultanza che il mio volto dimostrava era qualcosa che non avevo mai provato. Provai un desiderio struggente di sentire quell'esultanza, di provare un barlume della gioia che paradossalmente provava l'uomo accecato dal corvo... e sorrisi al bambino, che ora aveva il mio viso. Di fronte a noi si aprì una specie di tunnel, ed una figura femminile cominciò a venirci incontro. Mi parve di riconoscerla, mi era vagamente familiare... stavo per andarle incontro, per scoprire chi era, quando con uno strappo doloroso e fortissimo, fui catapultato nel mio corpo mortale, su un altare, nudo, circondato da maghi che agitavano talismani, pezzi dei miei horcrux e salmodiavano formule arcane e potentissime.
Mi avevano riportato in vita, proprio quando avevo deciso che non volevo rifare gli stessi errori, quando ero pronto per sacrificare il mio ego e andare oltre, verso la guarigione.
Ero di nuovo qua, con tutto me stesso, contro la mia stessa volontà.
Non sarò mai in grado di suicidarmi, lo so... e non andrò mai in cerca di qualcuno che lo faccia per me. Sono troppo dominato dal mio istinto di autoconservazione, per lasciarmi morire o uccidere. Ma questo non toglie che da quando sono tornato la vita mi pesi come un macigno. Purtroppo, anche se sto cercando di viverla in modo diverso da prima, migliore, più consapevole, certe volte non posso fare a meno di sperare che la Nera Signora si sbrighi a venirmi a prendere...

mercoledì 25 agosto 2010

Irrequietudine

Erano settimane che girava per il faro come una bestia in gabbia. Solo certe notti riusciva a dormire serenamente, quando il mare mostrava tutta la sua forza, in tempeste particolarmente irruente. Allora, soltanto, trovava pace, come se il fatto che il cielo mostrasse tanta furia gli desse la quiete che cercava. In qualche modo sentiva di potersi rilassare, quando era il cielo a esibire l'irrequietudine che sentiva dentro.
Quel posto al faro lo aveva voluto per trovar pace, e per certi versi gli era riuscito... dopotutto gli piaceva ancora guardare il mare, la sera, quando il sole tramontava e la notte sembrava ingoiarsi tutto, ma c'era ancora qualcosa che lo tormentava. Si rendeva conto che una situazione così solitaria gli lasciava troppo tempo da passare con se stesso. E non si era abbastanza simpatico, per passare tutto quel tempo in propria compagnia.
Guardava il proprio baule da viaggio con intenso desiderio, certi giorni... aveva voglia di fare i bagagli e ripartire, ricominciare da capo altrove, azzerare di nuovo tutto e vedere cosa sarebbe saltato fuori da un'altra parte... un suo conoscente, un licantropo di nome Derek era partito per un lungo viaggio in moto, in quei giorni, solitario, alla ricerca di se stesso, e lo aveva solleticato l'idea di far la stessa cosa, per un po'. Poi gli passava davanti Cletus, impegnato a risolvere i guai che il piccolo Ken, uno dei due fantasmi che aveva incontrato al faro, particolarmente dispettoso, organizzava a loro discapito... e sorridendo accantonava l'idea. Si era affezionato, a quella stramba situazione, era una specie di buffa famiglia, quella che si era costruito... persino il Capitano Stewartson gli sarebbe mancato, anche se si faceva vedere solo quando c'erano guai alla lampada. Senza contare l'accoglienza benevola dei maghi di Nantucket. Lo avevano accolto senza troppe domande, accontentandosi della storia che aveva raccontato, di esser una specie di apolide, senza patria, senza famiglia, in giro per il mondo solo per trovare un posto dove stare... ed alla fine lo aveva trovato, doveva ammetterlo con se stesso.
Ma qualcosa gli si agitava ancora dentro. Non sapeva trovar pace in se stesso, se ne rendeva perfettamente conto. I suoi fantasmi personali erano tornati a tormentarlo, alcuni li aveva superati, come quando aveva incontrato di nuovo Potter o addirittura Fenrir Greyback, anche lui esule dall'altra parte del pianeta per fuggire al loro passato sanguinoso. Eppure...
La compagnia femminile non gli mancava, era persino riuscito ad innamorarsi, anche se non si era ancora dichiarato alla bella strega con cui usciva ultimamente, Nena, malgrado fosse ben lontano dall'aver capito esattamente cosa fosse l'amore. Ma non erano tormenti di natura sentimentale a farlo sentire così irrequieto.
No.
Uno scopo. Qualcosa da fare che non fosse solo accendere e spegnere quel dannato faro. Qualcosa che avesse a che fare con il solo percorso che non aveva mai abbandonato.
La Magia, l'Arte.
Non era più ricerca di potere, certo. Diamine, da quando era tornato in vita per la seconda volta, si era reso conto di esser diventato persino più potente di prima, come se la sua anima reintegrata avesse posseduto poteri che i brandelli che gli erano rimasti in precedenza non riuscivano a contenere. Ora gran parte della magia più elementare poteva attuarla senza nemmeno la bacchetta, addirittura i suoi poteri di telepatia e telecinesi si erano ampliati al punto che aveva dovuto rafforzare le proprie schermature mentali, per evitare che interferissero con la sua quotidianità, altrimenti rischiava di portarsi gli oggetti alle mani in qualunque momento semplicemente guardandoli intensamente, o di leggere le menti delle persone che incontrava senza sforzo, con un semplice sguardo più profondo. La disciplina che praticava in gioventù per allenarsi era tornata ad essere pratica quotidiana, meditava, faceva esercizi di rilassamento, di concentrazione... insomma, stava ricominciando a sentirsi di nuovo un mago in piena attività, cosa che aveva trascurato per molto tempo. Ma non era in cerca di altro potere, non avrebbe saputo che farsene, ora come ora. Aveva cercato di fuggire da se stesso in tutto il mondo, ed era quello che aveva finito con il ritrovare, nella quiete del faro.
Se stesso, quello che era, un mago.
Ciò nonostante, non era ancora in pace. 




segue.....